Se anche Draghi vuole l'Europa in mano a Berlino

La tesi dell'onorevole tedesco che, dopo aver sentito il discorso di Mario Draghi al Bundestag, lo ha definito «prussiano dell'Europa meridionale» appariva, sino a venerdì, un po' esagerata. Ma ora, dopo l'intervista di Draghi allo Spiegel, in cui sostiene la tesi tedesca per cui gli Stati indebitati debbono accettare la sorveglianza sulle loro leggi finanziarie e sui loro bilanci di uno speciale Commissario europeo, quell'affermazione del parlamentare tedesco rischia di diventare sin troppo realistica, perché, come detto da Draghi, ciò comporta una cessione di sovranità nazionale «al livello europeo».
Dunque, la preoccupazione di Silvio Berlusconi, per un asservimento dell'Italia al potere finanziario tedesco, non è basata su fantasie, ma su preoccupazioni fondate. Bisogna farsene una ragione e trarne le conseguenze. Draghi - dopo aver affermato che, per ristabilire la fiducia nella zona euro, i Paesi membri devono cedere parte della sovranità al livello europeo -, ha aggiunto che i governi hanno già adottato misure che sarebbero apparse impensabili un anno fa, ma che non sono sufficienti. Poi, tralasciando il linguaggio cauto, proprio dei banchieri centrali, ha detto, con brutalità di sapore prussiano, che «molti governi non hanno ancora capito di aver perso la loro sovranità nazionale da tempo perché si sono pesantemente indebitati e sono alla mercé dei mercati finanziari». Conclusione: ecco come e perché Draghi appoggia la tesi di Wolfgang Schäuble, ministro tedesco delle Finanze, secondo cui occorre il supercommissario Ue che possa non solo supervisionare, ma anche porre il veto ai bilanci nazionali, su singole voci, sovrapponendosi ai ministri dell'Economia.
Il ragionamento è crudo e chiaro. Per mantenere in vita l'euro, la Bce è disposta a fare interventi di stabilizzazione finanziaria di acquisto di titoli degli Stati indebitati, onde alleviarne lo spread elevato che li taglieggia, solo a condizione che essi diano una garanzia permanente di raggiungere e mantenere il bilancio in pareggio. Poiché gli Stati molto indebitati che avrebbero bisogno di questo intervento della Bce non hanno fatto abbastanza per questo obbiettivo, bisogna che agiscano di più. Ma poiché (...)

(...) non vi è garanzia che, raggiunto il pareggio e ricevuto il soccorso della Bce in cambio di ciò, lo mantengano e riducano il loro rapporto debito/Pil in modo da tranquillizzare i mercati, è necessaria una vigilanza non solo transitoria, prima di ottenere quell'intervento, bensì permanente, da parte di un'autorità esterna ad hoc per evitare che il beneficio ricevuto li induca, poi, al lassismo.
È evidente che, così, dovremmo cedere la nostra sovranità finanziaria pubblica non a un governo, eletto dal Parlamento europeo a maggioranza dei voti, come si usa in una Federazione o Confederazione, ma a un super Vigilante, che non sarebbe in grado di prendere le sue decisioni senza il consenso degli Stati dotati della tripla AAA, ossia soprattutto della Germania e del suo gruppetto: che non sono maggioranza, in termini di voto popolare, ma di potere finanziario e condizionamento della Bce. Draghi fa il mestiere di difensore dell'euro, costi quello che costi agli Stati ad alto debito. Ma noi, in Italia, che dobbiamo fare per non trovarci intrappolati? Non è il momento di cincischiare. Dobbiamo impedire che l'Italia abbia una maggioranza di sinistra o di sinistra e centro che, nella migliore delle due ipotesi, non farebbe che continuare nella linea del governo Monti, prigioniero di queste ali, di fatto, maggioritarie della sua coalizione. La linea attuale consiste nel pareggio del bilancio premendo sulle imposte, anziché sul taglio delle spese. Non c'è nessuna politica di crescita economica basata sul rilancio degli investimenti mediante iniziative di mercato con contributo della mano Statale, nessuna riduzione dell'area pubblica, con alienazione di beni per abbassare il debito e dare più spazio ai privati. C'è la nuova tassazione della proprietà immobiliare con particolare riguardo al ceto medio, ci sarà la Tobin tax che deprimerà la Borsa italiana collegata a quella di Londra e accrescerà la nostra dipendenza dalla finanza dell'Eurozona.
Si sta continuando nella politica di controllo centralizzato del mercato del lavoro, anziché puntare sui contratti decentrati alla Marchionne e sul premio fiscale alla produttività e sulla libertà di contratto, e sul ricorso all'arbitrato invece che al magistrato del lavoro. Questo è il meglio che si possa avere con una coalizione che dopo le elezioni continui quello che è il nostro pasto attuale. Figuriamoci se ci fosse un governo Bersani-Vendola. Allora il nuovo vigilante europeo ci «commissarierebbe» in pieno. La linea va rovesciata, per poter dire «no» all'avvento di un Herr Kommissar e per non avere più paura dello spread, che è il suo profeta.

segue a pagina 7

di Francesco Forte

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