Fini ha contato i suoi e si è spaventato. A giusta ragione. Dopo mesi di letargo politico il leader del Fli mette la testa fuori dalla Presidenza della Camera e scopre il deserto post atomico. Casini se l'è data a gambe e i finiani sono sempre più soli. Il discorso di Ginafranco Fini all'assemblea nazionale del suo partito inizia proprio con una bordata all'ex compagno di strada Pier Ferdinando Casini: "Alle amministrative l’Udc non è cresciuto come forse l’onorevole Casini si aspettava, ma tale difficoltà se ha riguardato lui ha riguardato certamente noi. Il risultato non è stato certo tale da farci sorridere, ha dimostrato una condizione di marginalità e in certi casi di ininfluenza. Non abbiamo intercettato un solo voto tra gli astenuti e chi ha votato Grillo". Non contiamo più un tubo, è questo il messaggio chiaro e preoccupato con cui Fini ha suonato la campana ai suoi fedelissimi. Il presidente della Camera ribadisce il suo sostegno incondizionato al governo dei Professori e ammette "ora inizia la campagna elettorale anche per me". Il primo messaggio elettorale lo manda ai suoi ex amici del centrodestra: "È evidente che nelle prospettive del Pdl c’è l’intesa con la Lega. Per noi è impraticabile". Poi lancia un nuovo (e confuso) progetto politico: "Lavoriamo tutti per verificare se è possibile la nascita di un polo riformatore, patriottico, europeo, che sia capace di fornire agli italiani un serio progetto politico". I finiani smebrano in alto mare e allo sbando.
Qualcuno nel partito, molto probabilmente, maledice il famoso dito puntato da Fini contro il Cavaliere nel 2010. Ma lui no, continua rivendicarlo: "Tornando indietro, rifarei quello che ho fatto, magari rialzando lo stesso dito". Contento lui...- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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