All'indomani del deposito delle motivazioni del processo Mori che hanno smontato il teorema del patto scellerato tra boss e pezzi dello Stato, a margine di una conferenza stampa, il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi era stato a dir poco pesantissimo. Tanto più che indirettamente parte in causa visto che è il pm che ha sostituito Antonio Ingroia sul banco dell'accusa del processo sulla trattativa Stato-mafia: «Se fossi un insegnante - aveva proclamato - metterei alla sentenza Mori un quattro meno perché chi l'ha scritta è andato fuori tema». Una dichiarazione pesante, su un processo, quello al generale Mori, che effettivamente è andato fuori tema - certo non per colpa dei giudici - visto che si è via via trasformato in una sorta di prova generale del processo sulla trattativa. Un attacco frontale, quello di Teresi, ai giudici che quella sentenza hanno pronunciato e scritto, che non è piaciuto affatto all'Anm. La giunta distrettuale di Palermo, infatti, in una dura nota, bacchetta infatti il pm, accusandolo, neanche tanto velatamente, di avere delegittimato i colleghi con le sue parole.
«Le recenti dichiarazioni - recita il comunicato dell'Anm - rilasciate dal procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi, in occasione di una conferenza stampa, a commento di una sentenza pronunciata dalla quarta sezione penale del tribunale di Palermo in esito ad un delicato e complesso processo svoltosi nei confronti di un noto ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, lasciano assai perplessi circa il metodo utilizzato per sviluppare la critica della decisione. La pubblica accusa ha facoltà di proporre impugnazione e illustrare nell'appello tutte le argomentazioni utili a dimostrare la fondatezza della tesi accusatoria e, per converso, la illogicità delle ricostruzioni in fatto e in diritto operate dal giudice. È il processo, per un magistrato dell'ufficio del pubblico ministero, l'unica sede deputata per conseguire la riforma della decisione che comunque deve essere sempre rispettata». L'Anm di Palermo va anche oltre: «Il rispetto per le sentenze - continua la nota - costituisce espressione di un principio al quale sono chiamati a informarsi innanzitutto proprio i magistrati di ogni ordine e grado. Il rispetto per il giudice ne costituisce ineludibile corollario, presidiato tra l'altro dall'articolo 1 dello Statuto dell'Associazione Nazionale Magistrati Italiani, che prevede appunto, tra gli scopi dell'associazione stessa, quello di tutelare gli interessi morali dei magistrati, nonché il prestigio ed il rispetto della funzione giudiziaria che sono ai primi intimamente connessi. «Appare perciò evidente - prosegue la nota - che la banalizzazione, in sede mediatica, della sentenza non condivisa rischia di delegittimare agli occhi dell'opinione pubblica il sistema giudiziario nel suo complesso, adombrando l'opinione che la decisione sia il frutto di una visione quantomeno strampalata delle emergenze processuali. Ed una polemica così aspra, innescata in una materia così delicata, produce all'esterno la sgradevole e infondata sensazione che il processo penale costituisca terreno di scontro tra il giudice ed il pubblico ministero, anziché fisiologico luogo di verifica del materiale probatorio ritualmente offerto dalle parti, con il risultato di screditare nella specie le enormi energie che il pubblico ministero ed i giudici hanno compiuto, animati dallo sforzo comune di ricostruire un periodo buio della nostra storia e di accertare la fondatezza delle ipotesi delittuose formulate nei confronti degli imputati. Per questo - conclude la nota - occorre oggi dare atto ai giudici di quel collegio, che godono di prestigio unanime in ambiente giudiziario, dell'infaticabile impegno profuso nel processo e dell'assoluta ed incontestabile onestà intellettuale che li ha portati a pronunziare quella sentenza. Riconoscimento che va espresso anche da parte di chi, come il pubblico ministero, legittimamente non condivide la decisione di merito» .
«Forte disagio» per le parole di Teresi contro i giudici del processo Mori anche dalla sezione palermitana di Area, la corrente di sinistra delle toghe che riunisce Magistratura democratica e Movimento per la giustizia: «I giudizi sui provvedimenti - si legge in una nota - vanno espressi nelle sedi istituzionali e devono trovare il loro naturale sfogo nelle impugnazioni, evitando contrapposizioni e personalismi degli appartenenti ad uffici diversi di uno stesso ordine, che finiscono con delegittimare l'esercizio della funzione giurisdizionale».
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