Silvio contro Strasburgo: volevano screditarmi, ma la manovra è fallita

Il leader Pdl dopo l'attacco dei vertici del Ppe: "Affondo a tavolino". In arrivo da Cl l'endorsement ufficiale al partito

Silvio contro Strasburgo: volevano screditarmi, ma la manovra è fallita

Ci pensa un po' su e alla fine decide di non dar retta alla pancia e sparare a zero come pure sarebbe tentato di fare. L'affondo che arriva da Strasburgo a firma Joseph Daul, infatti, è solo l'ultimo tassello di quella che Silvio Berlusconi in privato definisce una «manovra studiata a tavolino» per far entrare il Ppe a gamba tesa nella campagna elettorale italiana. Non è la prima volta, visto che il capogruppo del Partito popolare europeo è balzato agli onori della cronaca qualche settimana fa per una conferenza stampa congiunta con Mario Mauro (allora capodelegazione del Pdl in Europa) in cui tutti e due picchiavano giù duro sul Cavaliere. E probabilmente non sarà l'ultima, visto che il tentativo di dare l'immagine di un Ppe che prende le distanze da Berlusconi fa parte di una strategia ben definita se solo qualche giorno fa Franco Frattini ipotizzava che il Pdl potesse essere messo «sotto processo» dal Partito popolare europeo per la sua alleanza con la Lega.

Insomma, che il Cavaliere abbia ormai perso la pazienza ci sta. Anche se affondare troppo il colpo rischierebbe di avallare la tesi di Daul e fare il suo gioco. Ecco perché a sera, nel registrare un'intervista per Euronews, la presa di distanze di Berlusconi è comunque una carezza rispetto a quel che davvero vorrebbe dire. Quella di Daul - spiega l'ex premier - è solo una posizione personale di uno dei tredici vicepresidenti del Ppe. Come dire che non vale granché. In verità, anche perché prontamente aggiornato da chi la situazione la conosce da vicino, il Cavaliere sa bene che Daul sta giocando una sua partita in chiave filotedesca. Nonostante sia francese (ma di Strasburgo), alla presidenza del gruppo parlamentare del Ppe è arrivato grazie ai buoni uffici di Angela Merkel. «È un suo uomo», per dirla con le parole di Berlusconi. «E - aggiunge in privato - deve essere alla ricerca di qualche poltrona, insomma un novello Schulz» (l'attuale presidente dell'Europarlamento che con il Cavaliere ebbe uno scontro memorabile anni fa).

Berlusconi, dunque, non gradisce «i soliti attacchi dei soliti noti» che vogliono raccontare un Partito popolare ai ferri corti con il Pdl. Ma alla fine non se la prende più di tanto visto che ad uscirne peggio è certamente un Monti che soffre l'endorsement del Ppe. Così, dopo aver taciuto di fronte alle ripetute critiche degli eurodeputati del Pdl (c'è chi come Licia Ronzulli definisce le sue parole «indegne» del ruolo di capogruppo che dovrebbe rappresentare tutti), alla fine Daul è costretto a ritrattare solo dopo aver ricevuto una furiosa telefonata del Professore che si sarebbe sentito «sminuito» dall'essere rappresentato come candidato di una parte (il Ppe) essendo lui «sopra le parti».

Se sul fronte Ppe la querelle si va chiudendo, resta in piedi invece la polemica interna a Cl dopo la scelta di Mauro di candidarsi con Monti. Anche per questo la prossima settimana Comunione e liberazione manderà una lettera aperta a tutti - ma ovviamente indirizzata agli iscritti - per dire in maniera chiara che sta con il Pdl ed evitare che vi possano essere fraintendimenti. Un modo per dire che il mondo ciellino non si sposta a sostegno del Professore.

E in questo senso un peso importante ce l'ha anche la partita alla regione Lombardia visto che il voto di Cl è concentrato proprio in quella regione. Sostenere Gabriele Albertini, infatti, significa di fatto consegnare il Pirellone a Umberto Ambrosoli e far perdere il Pdl e, dunque, Comunione e liberazione.

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