Roma - Comunque vada, sarà un brutto spettacolo. Per questo, nelle file parlamentari del Pd, ieri pomeriggio si nutriva (grazie all'ostruzionismo delle opposizioni sul decreto Poletti) la speranza di riuscire a rinviare il maledetto voto sull'arresto del deputato siciliano Francantonio Genovese, fissato per oggi.
Un voto nel quale il Pd rischia di farsi male comunque: se passa l'arresto, perché vedrà scattare le manette ai polsi di uno dei suoi, come a un berlusconiano qualunque. Se non passasse, perché verrebbe travolto dal can can che i Cinque Stelle sono pronti a scatenargli contro, modello monetine del Raphael quando nel 1993 la Camera respinse le autorizzazioni contro Bettino Craxi. Allora, dietro quel voto ci fu una «trappola» ordita nel segreto dell'urna dalla Lega di Bossi. Oggi i democrat sono convinti che Beppe Grillo sia pronto a tirar loro lo stesso scherzo: votare coperti contro l'arresto, e poi buttare la croce sul Pd che salva i suoi «corrotti». «E farci sopra la campagna elettorale in Sicilia, dove i grillini rischiano di diventare il primo partito», constata amaramente Peppe Fioroni, convinto che «noi rischiamo comunque il boomerang».
Nessuno lo dice apertamente, ma sottotraccia il lavorio per rimandare il caso Genovese a dopo le elezioni è in corso. Con buona pace della fretta che il Pd ha avuto in altri casi (vedi decadenza di Berlusconi).
Sulla carta, la maggioranza pro-arresto c'è tutta: i sì di Pd e Sel assommano a 330 (293 deputati Dem più i 37 vendoliani). Sufficienti se fossero blindati. Ma nel gruppo di Sinistra e Libertà i garantisti difficilmente disposti a votare per le manette sono numerosi. E - a microfoni rigorosamente chiusi - sono molti i deputati del Pd che confidano le loro forti perplessità: «In Italia c'è un gigantesco abuso della carcerazione preventiva: arrestare Genovese ora non ha senso, a norma di diritto, come non lo ha tenere dentro Scajola», si sfoga un dalemiano.
«Ormai essere parlamentare è diventato uno svantaggio anziché un privilegio: per i magistrati è una medaglietta chiedere di arrestarne uno, e per noi è impossibile votare contro, se no ci aspettano fuori coi forconi», lamenta un franceschiniano. Senza contare l'effetto elettorale: senza il traino di un pezzo da novanta come Genovese, noto a Messina come «mister 20mila preferenze», la campagna elettorale del Pd è ancor più in salita. L'allarme c'è, tanto che da Palermo hanno pregato Matteo Renzi di farsi vedere in piazza, e il premier all'ultimo ha accettato di infilare anche un blitz nell'isola, oggi, nella sua fitta agenda.
Genovese, ras di antica data del Pd siciliano, è accusato dalla procura di Messina di una sfilza di reati che vanno dall'associazione a delinquere al peculato alla truffa. E per lui è arrivata a marzo una richiesta di arresto. La giunta di Montecitorio si è pronunciata a favore il 7 maggio, nonostante i mal di pancia in casa Pd, e ora tocca all'aula. Forza Italia ha annunciato ieri il suo voto contrario alle manette: «Noi siamo sempre garantisti, e voteremo tutti e 68 contro», dice Renato Brunetta.
La speranza del rinvio a dopo le Europee si è affacciata ieri: dopo la fiducia al decreto Poletti, oggi restano centinaia di ordini del giorno da votare e solo quelli di Sel (che mantiene il proprio ostruzionismo) potrebbero portar via sei ore di lavori. Ed è in arrivo dal Senato un altro decreto urgente da smaltire, quello sul piano casa del ministro Lupi, che scade il 27 maggio. Ma i grillini sono pronti a dare battaglia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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