Sollecito e Knox scrittori noir: «Mez moriva e noi fumavamo»

Comprare un libro è sempre un'ottima idea. Ma se l'acquisto serve per far guadagnare soldi e pubblicità a uno come Raffaele Sollecito, beh, allora forse è meglio scegliere qualcos'altro. Che la storia dell'omicidio di Meredith Kercher - dopo essere stata vivisezionata dai professionisti del penoso caravanserraglio della tv del dolore - venga ora «spiegato» proprio da chi è stato il sospettato numero uno quel delitto, è davvero troppo. Un'autentica infamità. Eppure, eccoli lì il libro che ripercorre il dramma di «Mez»: Honor bound («Legati dall'onore»), dal 18 settembre in vendita (per ora) solo nelle librerie americane. Dopo quattro anni di prigione, tanti quanti ne ha fatti la sua «fidanzatina» (la sospettata numero due nell'assassinio di Meredith), Amanda Knox, Sollecito racconta la sua versione degli eventi. Assolto in appello e tornato in libertà come Amanda lo scorso autunno, il giovane ribadisce l'innocenza sua e della compagna, pur ammettendo per la prima volta che i loro comportamenti all'indomani dell'omicidio furono tanto «bizzarri e strani» da poter suscitare i sospetti degli investigatori. E infine, rivela che - «mentre Mez moriva» - lui e la Knox «fumavano spinelli».
Nel volume il ragazzo rievoca il momento in cui conobbe Amanda, una settimana prima dell'omicidio di Mez, avvenuto nella notte di Halloween del 2007. Fu un colpo di fulmine: i due si conobbero a un concerto di musica classica e, da allora, divennero inseparabili. Tanto che, mentre la scientifica faceva i rilievi sulla scena del crimine, lui e la Knox si scambiavano tenere effusioni, ignari (o indifferenti) delle telecamere. Gli agenti trovarono «strano» il loro comportamento, ammette Raffaele, osservando che nessuno dei due aveva «un vero alibi» per quella notte, eccetto la testimonianza dell'uno a favore dell'altro. Ma la polizia, sostiene Sollecito, non gestì correttamente il caso, andando dietro a teorie sul complotto anziché alla «semplice spiegazione che Rudy Guede aveva commesso una rapina finita male».
Quindi la «dura esperienza della prigione». Sollecito racconta di averla vissuta fra «ondate di indignazione e un fastidioso senso di colpa»: lui e Amanda, spiega, erano innocenti, ma non poteva perdonarsi di avere ricordi annebbiati su quella notte poiché aveva fumato cannabis con la fidanzata. Infine il giorno dell'assoluzione, che ha ribaltato la pesante condanna (26 anni per lui, 25 per Amanda) del tribunale di primo grado. Fu «una gioia indescrivibile», ammette Sollecito, che si è lasciato da tempo con Amanda.


La Knox è tornata a Seattle e - anche lei - ha iniziato a scrivere un libro sul loro «calvario». Il volume dovrebbe uscire a primavera; per realizzarlo pare siano stati offerti ad Amanda 2,5 milioni di dollari. Lo ribadiamo: un'infamità.

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