Roma - Dal primo gennaio prossimo, i pagamenti della Pubblica amministrazione alle imprese dovranno essere corrisposti entro il limite dei 30 giorni, oppure 60 giorni nella sanità (Asl, ospedali) o nel caso che si tratti di imprese controllate dal settore pubblico. Il governo ha infatti deciso di adottare la direttiva Ue sui pagamenti con due mesi e mezzo di anticipo rispetto ai termini ultimativi fissati da Bruxelles. Il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, conferma che entro novembre sarà presentato un decreto legislativo: «In novembre la direttiva sarà legge e si applicherà erga omnes, pubblici e privati».
Dall'1 gennaio, insomma, l'Italia abbandona la «maglia nera», cioè l'ultimo posto nella classifica europea dei ritardi di pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche: oggi le fatture vengono saldate dopo una media di 180-190 giorni; ma non mancano ritardi che arrivano fino ai 4 anni.
Non è stato facile trovare l'intesa tra Corrado Passera, più attento alle esigenze delle imprese, e Vittorio Grilli, concentrato sull'andamento dei conti pubblici. Alla fine sembra che abbia prevalso il ministro dello Sviluppo, anche se è ancora necessario trovare l'accordo su due punti essenziali: da quando scattano le sanzioni per chi non paga in tempo; e come sarà risolto il problema dell'arretrato. Le amminstrazioni pubbliche devono infatti alle nostre imprese qualcosa come 90-100 miliardi di euro, una cifra imponente, che rappresenta circa la metà degli arretrati cumulati di tutti i Paesi europei.
La questione delle sanzioni non è secondaria: la direttiva Ue prevede che le amministrazioni inadempienti debbano corrispondere al creditore un interesse dell'8% maggiorato del tasso di riferimento della Banca centrale europea. Una penale piuttosto pesante. Passera vorrebbe che le sanzioni scattassero insieme con l'entrata in vigore del decreto, cioè dal 1 gennaio; Grilli propone, invece, di far scattare le sanzioni a partire dal 16 marzo, data del recepimento obbligatorio della direttiva europea da parte di tutti i Paesi dell'Unione.
Resta poi aperta la gigantesca questione dell'arretrato. L'ultima stima ufficiale, fornita dalla Banca d'Italia, parla di un debito cumulato dalla Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese di circa 80 miliardi di euro. Il Tesoro stima una cifra inferiore, ma probabilmente siano intorno ai 90-100 miliardi di euro. Come affrontare il problema? Prima di tutto bisogna considerare che, finché non vengono pagati, quei 100 miliardi sono debiti commerciali che non hanno impatto sui conti pubblici da presentare a Bruxelles. Una volta pagati, si trasformano istantaneamente in maggior debito pubblico. Per evitare problemi con la Ue, e più in generale coi mercati, l'idea di Grilli è di finanziare i pagamenti arretrati con la vendita di beni pubblici. Il progetto è di alienare ogni anno beni per l'1% circa del prodotto interno lordo, in cifra fra i 15 e i 20 miliardi di euro. Parte di questa cifra sarebbe destinata a pagare le fatture delle imprese fornitrici della Pubblica amministrazione.
Ma attuare una dismissione per 15-20 miliardi in questo momento di crisi economica è tutt'altro che facile. Il governo esclude, lo ha ribadito Grilli anche ieri, di vendere le partecipazioni nelle aziende strategiche, anche perché se ne ricaverebbe poco (700 milioni per il 30% di Finmeccanica e poco di più con Enel, ha detto il ministro). Un'altra soluzione potrebbe prevedere un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, per consentire agli enti locali che dispongono di risorse di utilizzarle per regolare i conti con le aziende creditrici. Nel frattempo, le imprese potranno incominciare la certificazione dei crediti attraverso l'apposita piattaforma informatica (certificazionecrediti.mef.gov.it).
Una volta certificati come certi, liquidi ed esigibili, potranno essere presentati come garanzia alle banche da parte delle piccole e medie imprese. L'Abi ha reso noto che oltre il 63% delle banche, in termini di sportelli, ha già aderito agli accordi per lo sblocco dei crediti e per progetti di investimento.
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