La strategia del premier: aumentare la spesa senza avere controlli

Ragioneria dello Stato divisa in due: una sezione guidata da Cottarelli darà l'ok alle leggi per la crescita. E si allontana il rimpasto di governo

Matteo Renzi aveva il piano B chiuso da tempo in un cassetto di Palazzo Chigi. Aveva già programmato di tirarlo fuori dopo le elezioni. Se l'avesse fatto prima, gli stessi compagni di viaggio della maggioranza avrebbero tentato di impallinarlo. Ed il risultato delle Europee - se possibile - lo ha ulteriormente convinto che quelle che aveva in mente erano, e sono, le soluzioni che gli chiede l'elettorato. Su tutte un minor prelievo fiscale.
L'operazione riforma dovrebbe partire nei prossimi giorni: dopodomani, quand'è previsto un Consiglio dei ministri; oppure, più verosimilmente, la settimana prossima. Apparentemente si tratta della ristrutturazione del ministero dell'Economia. Di un regolamento, insomma.

In realtà, l'essenza del provvedimento è lo spacchettamento della Ragioneria generale dello Stato: una parte (quella strettamente contabile) destinata a restare al ministero a via XX settembre. Un'altra, quella a cui verrà delegato il compito di «bollinatura» dei provvedimenti (la verifica della copertura finanziaria delle leggi), a Palazzo Chigi.
L'ipotesi è in ballo da tempo. E presupporrebbe che alla guida della struttura spostata alla presidenza del Consiglio possa andare Carlo Cottarelli, mister spending review. Che da tempo ha annunciato un suo trasloco a Palazzo Chigi, mentre è rimasto nei suoi uffici all'Economia.

Con questo schema, Renzi conta di mettere le basi per le modifiche dei Trattati europei, che pensa di rilanciare durante il semestre di presidenza. Con un obiettivo di fondo: spostare l'attenzione e le politiche Ue dal rigore alla crescita, con buona pace di chi ritiene che il tetto del 3% di deficit sia un limite invalicabile.

Lo schema che ha in mente, insomma, non sarebbe troppo diverso da quello portato a termine da Berlusconi nel 2005 con la riforma del patto di stabilità europeo.
I primi risultati, il presidente del Consiglio pensa di presentarli in tempi brevi. Magari partendo proprio da una riforma del prelievo fiscale; che renda strutturali gli «80 euro» e introduca una vera riforma dell'Irpef, attraverso una revisione degli scaglioni e delle aliquote per fasce più ampie di contribuenti. L'appuntamento sarebbe la legge di Stabilità o i decreti applicativi della legge delega fiscale.
Principale alleato di Renzi in questa politica espansiva sarà François Hollande. Ma anche Angela Merkel ora preferisce parlare di crescita, quale antidoto all'antieuropeismo. Mentre Mario Draghi se da una parte garantisce che la Bce farà di tutto per difendere la moneta unica, dall'altra avverte che è giunto il momento dei governi Ue di dare risposte ai cittadini/contribuenti.
Impegnato in quest'operazione, il presidente del Consiglio sembra non prestare ascolto a chi gli riporta i rumors su un possibile rimpasto di governo, alla luce dei risultati europei. Al momento, lui non ha chiesto a nessun ministro dell'Ncd di fare il passo indietro: l'unico eletto all'Europarlamento è Maurizio Lupi. Come non l'ha chiesto al ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini.


Sembra che alla base del ragionamento del presidente del Consiglio (di non toccare al momento la squadra di governo) ci sia la consapevolezza che i voti di Scelta civica e dell'Ncd siano indispensabili per avere la maggioranza al Senato. Gli vengono attribuiti anche pensieri su come rendere meno amara la pillola per gli alleati. Come quello che sarebbe pronto a sacrificare il ministro Pd dell'Agricoltura, Maurizio Martina.

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