SuperMario in casa del Pd tende la mano a Bersani: "Cooperare dopo il voto"

Il Prof a Ovieto per l'assemblea organizzata da Ichino. Abboccamenti, risate e strette di mano: l'inciucio tra i centristi e i democrat è sempre più vicino

SuperMario in casa del Pd tende la mano a Bersani: "Cooperare dopo il voto"

Continuano gli abboccamenti tra Mario Monti e Pierluigi Bersani. Oggi è toccato al Professore fare un passo avanti e tendere la mano ai democrat per iniziare a tessere l'alleanza del dopo voto. Parlando all’assemblea dei liberal del Pd in corso ad Orvieto, il premier dimissionario ha rinnovato il proprio auspicio (qualunque sia l’esito delle prossime elezioni) a riuscire ad intraprendere una cooperazione tra le forze riformiste che "esistono più o meno in tutti i partiti". Un giro di parole ardito che va ad accodarsi alle innumerevoli strizzatine d'occhi che i due leader si sono scambiati nel corso delle ultime settimane.

L'Huffington Post parla addirittura di "riconciliazione". Forse è un po' prematuro, ma di sicuro il leader di Scelta Civica non manca l'occasione per sottolineare come nei diversi partiti si trovino "esplicite forme di conservatorismo". E per far capire a chi si riferisca, il professore ha distinto Stefano Fassina da Nichi Vendola, Pier Ferdinando Casini da Italo Bocchino. "Udc e Fli sarà per ragioni tattiche, è la componente che ha creato meno difficoltà alle riforme strutturali che abbiamo iniziato - ha proseguito il Professore - molte delle quali hanno trovato dei limiti severi perché conservatori presenti in una parte e nell’altra del Parlamento hanno ritenuto di porre quei limiti". Insomma, dopo gli ultimata e le richieste di chiarimento (inevase), sembra prendere forma l’alleanza tra il piddì e i centristi che sostengono Monti. Non a caso il premier uscente sceglie la platea di Orvieto, dove siedono i democrat di fede montiana, per mettere insieme a un'alleanza che argini l'eccezionale rimonta di Berlusconi e il rinnovato asse tra il Pdl e la Lega Nord. All’indomani dell'ottima performance del Cavaliere negli studi di Michele Santoro, che gli hanno permesso di risalinere nei sondaggi di almeno altri due punti percentuali, sinistra e centristi si sono messi paura. Già, ieri pomeriggio, dopo settimane infuocate di anatemi, pernacchie e slogan sessantottini, un inatteso Vendola aveva aperto alla possibilità di un appoggio esterno del Professore a Bersani. D'altra parte, a inizio settimana, già Enrico Letta aveva detto chiaramente che, in caso di vittoria, il Pd chiederà a Monti di fare la sua porta perché il governo che uscirà dalle prossime urne non si ritrovi a fare la brutta fine di Romano Prodi.

A chi gli dice che la politica europea deve assomigliare maggiormente a quella nazionale, Monti racconta di rispondere sempre e in modo seccato: "Dio ce ne scampi!". Anche all’assemblea annuale di LibertàEguale, l’associazione promossa da Pietro Ichino, il Professore ha ribadito la "crescente inadeguatezza degli schemi politici classici, compreso l’asse destra sinistra". D'altra parte in platea ci sono proprio quei democratici che da tempo chiedono a Bersani di sostenere l'agenda Monti e voltare le spalle al Sel; d'altra parte nelle liste di Monti fugurano anche ex piddì di dichiarata fede renziana; d'altra parte lo stesso Matteo Renzi ha fatto una virata passesca e si è messo a fare la campagna elettorale per il leader del Pd. Insomma, un calderone unico.

D'altra parte, un po' per disattenzione un po' per battuta, a chi gli fa notare che Fassina non è in (ancora) parlamento, Monti fa subito notare la sua presenza nel dibattito politico: "I laureati alla Bocconi esercitano tanta influenza anche nei luoghi dove non siedono". E (forse) che il responsabile economico del Pd sia un bocconiano non è un dispiacere per Bersani. Di sicuro non lo è Monti.

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