Nel giorno in cui la politica discute dell'addio di Carlos Tavares a Stellantis, Giorgia Meloni alza la voce in difesa "dell'occupazione" e soprattutto "dell'indotto dell'automotive" che dalla crisi dell'ex Fiat potrebbe uscire acciaccato. "Ho parlato con Elkann che mi ha comunicato le dimissioni dell'ex Ad - racconta il premier a Quarta Repubblica - La trattativa con il governo è sempre neutrale, vale per tutte le aziende. Noi però vogliamo fare del nostro meglio per difendere i livelli occupazionali e, nel caso dell'automotive, l'indotto, che è fondamentale".
Il caso Stellantis
Il prossimo incontro è fissato per metà dicembre, un tavolo che Meloni spera possa essere "quello risolutivo". "Al netto di questo - aggiunge - ci sono una serie di partite che vanno affrontate a un altro livello, sull'automotive, per esempio in Europa, dove l'Italia è alla testa di un gruppo di Paesi, ormai sono 15, per rivedere le regole sulla fine del motore endotermico, che sarebbe un'altra mazzata tremenda sull'industria dell'automotive. Mi pare che le cose stiano andando abbastanza bene, sono ottimista che anche qui si possa svoltare".
L'affondo contro la Cgil
Poi Meloni si toglie qualche sassolino dalle scarpe. Soprattutto verso i sindacati scesi in piazza pochi giorni fa. Sindacati colevoli, secondo il premier, di essere stati un tantino deboli di fronte a Stellantis a differenza dei colleghi di altri Paesi. La scelta dell'ex Fiat su Tavares, è la tesi della leader di FdI, sarebbe figlia "di alcune battaglie sindacali molto forti che sono state fatte, particolarmente dai sindacati francesi e americani, perché quello italiano su questo era un pò afono". Ed è proprio su Landini che Meloni non usa mezzi termini. A sinistra, dice, "i toni si alzano quando gli argomenti sono deboli" in questo momento la Cgil è debole di argomenti come di risultati "visto che l'adesione allo sciopero è stata sotto il 6%".
A muovere Landini, dunque, sarebbero più "ragioni politiche" che sindacali, visto che - spiega Meloni - "si trova di fronte al governo che ha aumentato i salari, ha aumentato l'occupazione, ha diminuito la disoccupazione, ha aumentato l'occupazione femminile, ha aumentato i contratti stabili, ha diminuito il precariato, ha aumentato le pensioni minime, ha aumentato il Fondo Sanitario Nazionale". C'è una cosa che però mette in allarme il premier. Ovvero la possibilità che le sparate di Landini (vedi la 'rivolta sociale' e la metafora del 'guanto') possano portare a "pesanti conseguenze" a causa "dell'irresponsabilità di una certa classe dirigente". "Mi preoccupa il fatto che noi abbiamo una sinistra in Italia che quando riesce a governare, che è l'unica cosa che vuole fare, indossa il suo vestito buono, democratica, buonista, dialogante, poi quando perde il potere perde anche le staffe e esce la sua vera natura". Ovvero l'intolleranza verso "altre idee", anche quando queste sono la maggioranza nel Paese.
Lite Lega-Fdi sul canone Rai
Nella lunga intervista concessa a Nicola Porro c'è anche spazio per le tensioni nella maggioranza. Le liti tra Lega e Forza Italia sul Canone Rai non sono passate inosservate, e Palazzo Chigi non ha mancato di esprimere pubblicamente tutto il suo disappunto. Meloni però oggi derubrica il caso a banale "inciampo", assicurando che "il governo non cadrà" perché "sappiamo che cosa gli italiani sperano e si aspettano".
"Il piano Albania? Funzionerà"
E se è positiva sulla durata della legislatura, la premier lo è anche sul progetto Albania per i migranti. I due centri al momento non ospitano nessuno, svuotati dalle sentenze di quella piccola fetta di magistratura "molto ideologizzata". Meloni ha pronte "alcune soluzioni" a cui sta lavorando, e non intende mollare la presa. "Credo che sia una un progetto assolutamente innovativo - spiega - e non è un caso che sia attenzionato dalla quasi totalità dei paesi dell'Unione Europea".
"Mi vergogno per Schlein"
Infine, l'affondo contro Elly Schlein che un giorno sì e l'altro pure accusa l'esecutivo di aver tagliato i fondi alla sanità. Nel 2026 il governo investirà oltre "140 miliardi di euro nella sanità", ha ribattuto la premier, "mi vergogno quando la segretaria del Partito democratico, di cui ho rispetto, dice che abbiamo tagliato il Fondo della sanità". "Numeri alla mano - aggiunge - quando noi siamo arrivati al governo sul Fondo Sanitario c'erano 126 miliardi, nel 2025 ci saranno 136,5 miliardi. A casa mia sono, in due anni, 10,5 miliardi di euro in più". Certo: magari la percentuale rispetto al Prodotto Interno Lordo non sarà cresciuta, ma è solo un gioco di prestigio per ribaltare la realtà.
"Siccome quando c'era alla sinistra il governo il Pil crollava, anche se loro ci mettevano meno soldi, quei meno soldi in percentuale valevano di più perché il Pil stava sottoterra. Adesso che noi stiamo lavorando per far crescere l'economia, anche se ci mettiamo più soldi, chiaramente la percentuale in rapporto al Pil diminuisce, ma non è così che si calcola".Articolo in aggiornamento
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