Tornano gli yacht? Macché, i porti restano vuoti per le tasse

Le imposte introdotte da Monti hanno ucciso un intero settore Guardate queste foto di Portofino prima e dopo la caccia al ricco

Tornano gli yacht? Macché, i porti restano vuoti per le tasse

Milano - Ormeggi vuoti, bitte che aspettano da tempo una cima che si avvolga loro attorno. È la desolazione dei porti turistici italiani dopo il «massacro» di tasse perpetrato dal governo Monti nei confronti della nautica da diporto. Un paio di giorni fa il Corriere della Sera ha salutato con enfasi in prima pagina i primi albori di un'inversione di tendenza, segnalati dall'Osservatorio nautico nazionale: sarebbero tornate verso il Bel Paese, durante la stagione estiva, circa 700-1.000 imbarcazioni, un miglioramento del 2-3% rispetto alla tabula rasa che i Professori avevano lasciato.

La realtà, però, è profondamente diversa (come si vede dalle foto in pagina). I porti italiani sono ancora in crisi e, molto probabilmente, se per la stagione estiva non fossero state approntate alcune nuove strutture come quella di Marina del Gargano, in Puglia, i confronti con il passato sarebbero ugualmente impietosi.

Le ragioni della débâcle stanno tutte nell'autolesionismo italico. Da una parte, prevale l'ideologismo secondo cui la nautica è «roba da ricchi» e quindi va punita. Dall'altro lato, la scarsa lungimiranza di alcune amministrazioni locali tende a scaricare su questo settore applicandogli prezzi non competitivi l'extradeficit prodotto altrove. Lo ha testimoniato di recente il Giornale dove si comparavano i costi di attracco di alcune località francesi e dei più bei porti italiani. Cannes costa 50 euro al giorno, Saint Tropez 65 euro, mentre Porto Cervo e Capri sono «avvicinabili» solo pagando rispettivamente 500 e 600 euro a notte. Ammesso e non concesso che i diportisti siano tutti «paperoni», chi non si farebbe due conti in tasca e orienterebbe, di conseguenza, la prua verso altri lidi? Soprattutto se si considera che, in molti casi, l'Italia offre meno servizi a terra rispetto alla concorrenza transalpina. Senza contare che un cittadino italiano rischia sempre quei «simpatici» blitz della Finanza che, in base alle direttive dell'Agenzia delle entrate, vuol controllare se sia tutto in regola fino all'ultima virgola.

D'altronde, basta leggere quegli stessi dati dell'Osservatorio nazionale della nautica per rendersi conto che il trend declinante sarà difficile da contrastare. Il 34,4% del campione intervistato ha dichiarato che intende usare la barca per meno giorni rispetto al 2012, mentre il 41% vuole contenere al minimo le spese a terra. Non sono le migliori premesse per una stagione di ripresa.

I perché sono presto spiegati. Lo choc ha un nome e un cognome: Mario Monti. Il decreto salva-Italia di fine 2011, in primo luogo, prevedeva una tassa di stazionamento per le imbarcazioni. Il possesso di un natante, inoltre, è diventato un elemento da «allarme rosso» all'interno del famigerato redditometro. La correzione della tassa di stazionamento in tassa di possesso (che non si applica ai natanti esteri) è giunta alla fine della scorsa legislatura. Il decreto del Fare, inoltre, ha apportato correttivi al ribasso per la gabella e introdotto qualche piccolo sgravio per il settore. Ma ormai il danno era fatto. «Il diportista straniero teme di dover pagare la tassa di stazionamento e in Italia non viene più», ha dichiarato il presidente di Ucina (la Confindustria nautica), Anton Francesco Albertoni.

Gli italiani, invece, sulle vacanze in barca ci hanno già messo una croce sopra. I dati del 2012, infatti, sono la fotografia di un crollo: -26% gli ormeggi annuali, -34% gli ormeggi in transito, -56% la spesa complessiva sul territorio. Che tradotto in cifre fa 36mila posti-barca vuoti e 10mila occupati in meno. Ovviamente, anche per i costruttori di imbarcazioni sono anni di vacche magre. Il fatturato del comparto nautico l'anno scorso è sceso a 2,49 miliardi di euro, più o meni gli stessi valori del 2000.

Le immatricolazioni sono andate giù in picchiata ed eccellenze italiane come Azimut e Ferretti (ora cinese) sono alle prese con uno slalom quotidiano tra mille difficoltà.

Vedere i porti pieni sarebbe naturale per una penisola come l'Italia. Ma il mare ha bisogno anche di essere amato, soprattutto dalla politica.

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