La corte d’Assise di Palermo ha deciso che la testimonianza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell’ambito del processo Stato-mafia che si celebra a Palermo, può essere ammessa. Citato come testimone, il Capo dello Stato sarà sentito nel processo per la trattativa, ma solo "limitatamente", come dicono i giudici nell’aula bunker del carcere Ucciardone, leggendo il provvedimento che fissa dei paletti per la deposizione. Accolta, seppure in parte, la richiesta avanzata nelle scorse udienze dal pm Nino Di Matteo. Napolitano era stato citato dai pm per riferire in aula sulle "preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012 - si legge nella richiesta della Procura di Palermo - concernenti il
timore di D’Ambrosio di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordì, e cioè nel periodo tra il 1989 e il 1993".
Soddisfatto il pm Di Matteo. Durante una pausa del processo commenta: "La Corte d’assise ha accolto il nostro articolato di prova con i limiti che poi si vedranno. I limiti saranno legati su quanto le risposte coinvolgeranno eventualmente l’esercizio di funzione presidenziale di Napolitano", ha poi precisato Di Matteo. Alla domanda se la Procura si ritiene soddisfatta, Di Matteo di limita a rispondere: "Noi non esprimiamo giudizi, accogliamo la decisione dei giudici".
Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, deporrà al processo. L'hanno deciso i giudici accogliendo tutte le richieste di ammissione testimoniali della Procura escluse quelle relative alle citazioni dei magistrati Vittorio Teresi, Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia.
"La testimonianza del Presidente della Repubblica - si legge nell’ordinanza di 8 pagine emessa oggi dalla Corte d’Assise - è espressamente prevista dall’art. 205 del codice di procedura penale che disciplina, infatti, le modalità della sua assunzione. Tuttavia, deve tenersi conto dei limiti contenutistici che si ricavano dalla sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2012 e, pertanto, la testimonianza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano richiesta dal pm -prosegue l’ordinanza- può essere ammessa nei soli limiti delle conoscenze del detto teste che, secondo quanto è dato rilevare dalla lettura dell’articolato di prova anche sotto il profilo temporale, potrebbero esulare dalle funzioni presidenziali, pur comprendendovi in esse le attività informali, comunque coessenziali alle prime e coperte da riservatezza di rilievo costituzionale secondo quanto si ricava dalla sentenza citata".
Dopo qualche ora arriva una nota dal Quirinale: Napolitano valuterà nel massimo rispetto istituzionale.
La decisione della Corte d’Assise di
Palermo "mi lascia un po' perplessa e mi sembra un po' inusuale", ha detto il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, precisando però di "non avere letto le motivazioni. Prima vorrei documentarmi".
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