Trattativa Stato-mafia, Ingroia contro la Consulta: "È una sentenza politica"

La Corte costituzionale: "Violata la privacy di Napolitano". Ingroia all'attacco: "Arretramento sull'uguaglianza". E Vietti: "La Consulta è indipendente"

Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"
Antonio Ingroia alla presentazione del suo libro "Io So"

Adesso lo scontro è frontale. Da una parte la Corte costituzionale dall'altra Antonio Ingroia che contesta apertamente la sentenza della Cosulta che ha accolto il ricorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Dal Guatemala l'ex procuratore aggiunto di Palermo parla di sentenza politica: "È un brusco arretramento rispetto al principio di uguaglianza e all’equilibrio fra i poteri dello Stato". Un attacco che non è affatto piaciuto al vicepresidente del Csm Michele Vietti che ha subito rimarcato l'indipendenza della Corte.

Dal Guatemala Ingroia si concede ben due interviste per contestare la sentenza della Consulta che obbliga la distruzione delle quattro conversazioni intercettate dalla procura di Palermo fra il capo dello Stato e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, indagato nel procedimento sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia. "Non spettava alla procura - ha spiegato i 15 giudici costituzionali - valutare la rilevanza delle intercettazioni. Dovevano chiedere al giudice l'immediata distruzione in modo da assicurare la segretezza del loro contenuto". Non solo le intercettazioni non vennero distrutte, ma il loro contenuto finì addirittura su numerosi quotidiani. Oggi, dalle colonne della Repubblica e del Corriere della Sera, Ingroia si dice "profondamente amareggiato". E accusa: "Le ragioni della politica hanno prevalso su quelle del diritto". E ancora: "Per ragioni politiche prima ancora che giuridiche non c’era altra via d’uscita che dare ragione al presidente della Repubblica". Per l'ex procuratore aggiunto di Palermo, "la scelta del presidente della Repubblica di sollevare il conflitto di attribuzioni è stata dannosa per l’immagine delle istituzioni italiane nel suo complesso".

Pur ammettendo di aver sottovalutato "l’impatto mediatico delle strumentalizzazioni", i pm della procura di Palermo vogliono essere ricordati come "quelli che hanno tenuto la schiena dritta per accertare la verità sulla stagione delle stragi". Da qui la critica di Ingroia al comunicato che darebbe "la sensazione di una sentenza che risente anche del condizionamento del clima politico". Una presa di posizione netta che ha fatto saltare i nervi al vicepresidente del Csm e all'Anm. "La Corte costituzionale è una delle massime istituzioni e la sua autonomia e indipendenza non può essere messa in discussione da alcuno, in particolare da chi ricopre incarichi pubblici", ha ribattuto Vietti. Sulla stessa linea anche il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli che, a margine di un’audizione in Commissione Giustizia alla Camera, ha ribadito il "no" a ogni strumentalizzazione espresso dal sindacato delle toghe. Tuttavia, a questo giro, i soliti difensori della Costituzione non hanno alzato la voce contro Ingroia e si sono ben guardati dal gridare allo scandalo.

"Ci aspettiamo che tutti coloro i quali hanno manifestato il loro scandalo quando da parte nostra è stata fatta una critica a questa o quella sentenza - ha commentato Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera - adesso si facciano sentire".

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