Tre omicidi in strada in tre giorni E ora la città trema

Milano Il buio, la pioggia, nemmeno un'anima per strada. E il cadavere del fratello minore e del suo tirapiedi freschi di autopsia rinchiusi nelle celle frigorifero dell'obitorio da domenica pomeriggio. Eppure non se l'immaginava, non ci pensava proprio Pasquale Tatone di fare la loro stessa fine. E tanto meno così a stretto giro. Tutto regolare per lui, il boss di Quarto Oggiaro. Che subito dopo il duplice omicidio aveva parlato con la polizia, smentendo la possibilità di una nuova faida tra cosche, stile anni '80, quando in zona la paura era di casa e i revolver pure. «Non ci sono screzi rimasti in sospeso» aveva assicurato. Certo: ci stava che il fratello Emanuele, un tossicodipendente sbruffone che lui stesso aveva sempre lasciato ai margini dei «grandi affari» guardandosi bene dal coinvolgerlo, ne avesse combinata una delle sue, uno sgarro con qualcuno della sua stessa risma che, alla fine, gliela aveva fatta pagare con la vita uccidendo anche l'autista che lo accompagnava ovunque. Così mercoledì sera, dopo aver guardato Milan-Lazio al bar pizzeria Rim, all'angolo tra via Pascarella e via Lopez - praticamente la sua seconda casa, nel cuore del quartiere di Quarto Oggiaro - il boss 54enne era tranquillo quando era salito su una Ford Fiesta blu (intestata a un prestanome egiziano che ha precedenti di vario genere, ma nella zona la regola) per raggiungere l'altro capo della stessa strada e tornare da sua moglie. O forse per andare a parlare con qualcuno che doveva «vedere», come aveva annunciato in famiglia prima di uscire e raggiungere il bar. Si era appena seduto in macchina, si era messo alla guida, stava per accendere il motore. Ma non ce l'ha fatta. E a casa non c'è più arrivato. Ad aspettarlo per strada, davanti all'auto parcheggiata all'angolo tra via Pascarella e via Trilussa, c'era qualcuno che, da un po', sembra girasse incessantemente in scooter, con la testa infilata in un casco integrale, nel quadrato di strade tra via Satta, via Vittani, via Pascarella e via Melato.
Erano le 22.40. Il killer ha affiancato la macchina sul marciapiede, ha puntato l'arma contro il vetro anteriore destro, quello del passeggero e ha centrato 2 volte Pasquale Tatone alla testa. Con il terzo lo ha colpito all'addome. La violenza di quello che sembra un fucile a canne mozze, caricato a pallettoni, trapassa la vettura e sfonda anche il vetro posteriore sinistro. Il boss muore a due passi da casa sua e da quella di sua madre, Rosa Famiano detta «Nonna eroina». L'assassino si dilegua.
Gli investigatori della squadra mobile, che sin dal primo giorno smentiscono decisamente una guerra tra cosche, nonostante si tratti del terzo morto in tre giorni a Quarto Oggiaro - «patria» milanese delle famiglie malavitose - puntano sul gesto di un singolo. Un pregiudicato di spessore modesto.

«Altrimenti non avrebbe cominciato con l'eliminazione di Emanuele Tatone, un delinquente tenuto fuori dai grossi giri dalla stessa famiglia e che sarebbe morto, a breve, da solo, perché molto malato» fa notare un investigatore. L'assassino, insomma, starebbe vendicando un torto subito nel mondo dello spaccio di stupefacenti. Anche se, con tre morti di cui due si chiamano Tatone, non temere una faida sarebbe molto pericoloso.

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