Tremonti resta solo Si riaprono i giochi

Dal super ministro nuovo schiaffo al governo. In bilico il suo destino. Il Cav e Giulio verso lo scontro finale. E Tremonti torna a chiedere gli eurobond

Tremonti resta solo 
Si riaprono i giochi

Qua­li tasse e quali tagli saranno noti al termine dell’incon­tro tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Angelino Alfano e Roberto Maroni stanno finendo il lavoro preparatorio. Ritoc­co all’Iva, balzello sui redditi ma solo sopra i 150mila euro (o addirittura niente), stralcio per pensioni e abolizione delle province (se ne parlerà nelle prossime settimane), nuove contrattazioni nel mercato del lavoro. Questo è quello che bolle in pentola ma i colpi di scena non sono da escludere. Il mi­nistro Tremonti non si sbottona. Ieri è stato l’ospite d’onore del Meeting di Cl.Ha vola­to alto (Eurobond, governo europeo del­l’economia) e come al solito gioca da solo. Lui è l’economia,Lui è la finanza.Lui sape­va, Lui ha fatto, Lui vorrebbe fare. Verrebbe da dire:ma se è così bravo e l’hanno lascia­to pure fare (la sua prima manovra di giu­gno ha resistito poche settimane al giudi­zio dell’Europa) perché mai siamo in que­sta situazione? Domanda inutile, troppo banale per il professore che odia la politica, i politici,i giornali e anche un po’ il popolo degli elettori, fastidioso lasciapassare per arrivare nelle stanze che contano. Giustamente ieri il ministro non è entra­to nei dettagli della manovra. Troppo deli­cati sono gli equilibri politici per anticipare decisioni che non hanno ancora il timbro dell’ufficialità. Ma detto questo, colpisce che Tremonti in un discorso pur sempre politico (non era alla Bocconi e neppure al­la Sorbona ma in un consesso politico- cul­turale) non abbia nominato neppure una volta il governo del quale fa parte né il suo premier Berlusconi. Quasi non volesse sporcarsi le mani con compagni di viaggio che mal sopporta, con un partito, il Pdl, che non ha mai amato. Nessuno si aspettava una difesa passionale di quello che il gover­­no ha fatto e sta facendo, ma un distacco co­sì netto e gelido è la prova che Tremonti ha ormai poco a che fare con la maggioranza della quale fa parte e con il suo futuro. La verità è che soltanto la pazienza pro­verbiale di Berlusconi ha fino ad ora impe­dito la rottura clamorosa e definitiva. Ma l’aria per il superministro è cambiata. Da mesi è caduto il dogma che «senza Tremon­ti non si può». Persino il moderato Sandro Bondi, non più coordinatore del Pdl ma pur sempre nelle grazie di Berlusconi, ieri lo ha definito «un problema». La sua inca­pacità di gestire situazioni complesse è evi­dente, serviva un ministro e nel momento decisivo è emerso il commercialista, che per di più offre ricette a scatola chiusa non condivise dai clienti. Anche lo scudo che la Lega gli ha sempre offerto ormai traballa perché il prezzo che Giulio vuole far pagare è troppo alto pure per il popolo padano. Così da commissario del governo, Tre­monti piano piano si ritrova commissaria­to.

Alcuni ministri stanno ritrovando il co­raggio di contestarlo apertamente (Galan, Sacconi, Brunetta), le trattative vere passa­no attraverso Alfano e Maroni ( con Gianni Letta sempre molto vigile), la linea e i rap­porti con l’Europa vengono filtrati da Ma­rio Draghi, futuro governatore della Banca Centrale. Se poi si pensa che tra poche setti­mane tornerà alla ribalta la vicenda del suo ex braccio destro Marco Milanese (richie­sta di arresto alla Camera), il professore ha poco da stare tranquillo.

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