Tutti i dubbi sul bonus Irpef di Renzi

Prima i tecnici del Senato, ora quelli della Camera. E poi banche, sindacati, Corte dei Conti: un bonus pieno di critiche

Sul bonus Irpef di 80 euro, Matteo Renzi ci ha messo la faccia e lo ha sbandierato come il fiore all'occhiello dell'operato del suo esecutivo. Eppure più che un bonus sta diventando un malus. Non per la misura in sé, ma per la pioggia di critiche e bocciature che sono arrivate. L'ultima è quella dei tecnici del servizio Bilancio della Camera secondo cui i destinatari del bonus sono stati identificati in base ai redditi 2011, ma oggi la platea "potrebbe aver subito un cambiamento significativo sia dal punto numerico sia dal punto di vista del reddito". Per tale ragione, i tecnici di Montecitorio chiedono al governo dei chiarimenti "in merito al mancato utilizzo di dati più aggiornati disponibili". Entrando ancor di più nel merito della disamina, i tecnici hanno rilevato che "la microsimulazione è effettuata con riferimento ai redditi 2011, estrapolati al 2014. Se da un lato potrebbero risultare incrementati i soggetti cosiddetti incapienti o senza reddito di lavoro dipendente (riducendo quindi il numero dei beneficiari), dall’altro lato potrebbero rientrare nel beneficio soggetti che nel 2014 realizzano redditi inferiori rispetto a quelli del 2011".

Insomma, un'altra gatta da pelare per Renzi. E chissà se il premier risponderà usando gli stessi termini utilizzati con i tecnici del Senato. Già, perché quando a maggio rilevarono la mancanza di coperture per il bonus Irpef, il presidente del Consiglio non le mandò a dire: "I tecnici hanno detto il falso, abbiamo fatto pagare alle banche gli 80 euro, io quando faccio gli annunci li rispetto sempre". In realtà anche le banche si rivoltarono contro il "salasso" (oltre due miliardi a carico del sistema del credito) per coprire parte del bonus Irpef. "L’Italia penalizza fiscalmente le banche rispetto a quanto avviene alle concorrenti Ue, serve un forte ripensamento", tuonò invano il presidente dell’Abi Antonio Patuelli. Secca fu la risposta del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta: "Reazione sproporzionata".

Nella lista dei critici non può non essere annoverata la Corte dei Conti che, nel rapporto 2014 sulla finanza pubblica, ha definito il bonus da 80 euro "un surrogato" e che ha spiegato come misure di questo tipo siano "all’origine di un sistematico svuotamento della base imponibile dell’Irpef finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta" e "allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno equo e strutturale di riduzione e di redistribuzione dell’onere tributario".

Anche i sindacati hanno palesato critiche. "Siamo in presenza di un bonus, che è in media annua di 54 euro, e non di un intervento strutturale. Meglio di niente, però non è quello che era stato detto", anche per quanto riguarda "la platea, che non è larga come si era detto all'inizio", ha commentato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, spiegando che da solo non basta per rilanciare i consumi e che "mi pare siano provvedimenti che hanno il sapore elettoralistico".

Un'altra stroncatura alle intenzioni e agli annunci di Renzi è arrivata poi dal suo stesso ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, in merito all'estensione del bonus alle famiglie monoreddito con figli a carico. Non ci sono le coperture. Tutto rinviato alla legge di Stabilità nel 2015.

Per capire quanto fosse scivoloso il decreto Irpef basta citare il fatto che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, prima di firmarlo chiamò proprio Padoan per chiedere chiarimenti e per fare un'attenta analisi della "ratio". Adesso il bonus è arrivato nelle buste paga dei diretti interessati, ma la polemica sulle coperture e sulla sua reale efficacia non si placa.

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