nostro inviato a Udine
Somiglia ad una clinica il grande sepolcro bianco dove hanno adagiato, nella notte, Eluana. L'intonaco sbrecciato, sconfortante. Che rivela i segni del tempo, e accentua il contrasto, stridente, con l'embrione della nuova ala, qualche metro più in là. Così, la storica istituzione della sanità, nel cuore di Udine, potrà presto contare su nuovi posti-letto. «La Quiete», si chiama. Solo che quel nome, che dovrebbe rassicurare, ora, all'improvviso, scompagina i sentimenti e le emozioni. E ogni lettera di quell'insegna blu, macroscopica, che si affaccia su via Sant'Agostino, rimbomba come se fosse uno di quegli insopportabili allarmi che decidono di spegnersi solo quando qualcuno si prende la responsabilità di strapparne i fili.
Ci sono facce truci a completare il quadro del disagio. Poliziotti e carabinieri fanno il loro dovere, ovvio, stringendosi l'uno accanto all'altro e stringendo tutt'insieme il cordone protettivo. Ma il portinaio, che c'entra il portinaio della «Quiete» che si mette a ringhiare non appena oltrepassi, senza nemmeno una seconda intenzione, il cancello della carraia? E se mai riuscissimo a superare quel mastino rabbioso, ad infilarci nel corridoio stretto e lungo del piano terra ci troveremmo solo di fronte ad un altro dei tanti check-point di questa strana «Quiete». Una guardia giurata governa accigliata sull'ultimo scampolo di vita della signorina Englaro.
Un'altra guardia giurata fa la ronda, ispezionando la rete di sicurezza stesa tutt'intorno al grande sepolcro bianco. E un'altra ancora presidia il retrobottega della clinica, in via Diaz, sul parco della Rimembranza, dove, all'alba di ieri, erano le 5,54, è stata fatta entrare la lettiga che trasportava quest'oramai, tristemente famosa, giovane donna in stato vegetativo da diciassette anni. In tutto si calcola che almeno una quindicina di persone abbiano ricevuto l'incarico di vegliare sulla "serenità" di Eluana.
Mentre scriviamo queste righe ci sono le tendine a veneziana grigie, abbassate nella sua nuova stanza e, attorno a lei, si muovono, rischiarate da una luce flebile, le ombre di due dei volontari che fanno parte dell'equipe medica e paramedica che si farà carico di accompagnarla, gradualmente, nei prossimi giorni, verso quella morte certificata per legge e invocata dal padre Beppino.
Una fine che giungerà puntualmente dopo la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione. Nella più grande, 450 letti, struttura geriatrica di Udine, l'arrivo di Eluana ha provocato forse più trambusto dentro che fuori. Smarriti sui sentieri della loro memoria, sei vecchietti del reparto Alzheimer hanno dovuto traslocare per consentire che la nuova ospite venisse sistemata sul loro stesso piano, laddove il corridoio disegna un rettangolo che somiglia ad una terra di nessuno. Eluana, nella prima stanza che si affaccia su via Pracchiuso, dove si tiene il mercato agricolo. E la stanza accanto, a disposizione del padre, degli altri familiari e dei volontari che si occuperanno, bene precisarlo, in esclusiva della sua assistenza. Considerato che hanno costituito avant'ieri nello studio del notaio Panella a Udine, un'associazione onlus ad hoc ("Per Eluana") non solo per dare attuazione alla sentenza ma anche per sollevare la clinica da ogni coinvolgimento diretto.
Tanto più che, come espresso chiaramente nel protocollo messo a punto il 14 dicembre dai legali della famiglia Englaro, Vittorio Angiolini e Giuseppe Campeis, ai dipendenti della clinica è fatto espresso divieto di frequentare quella stanza se non per ottime ragioni di servizio e di entrarci con telefoni cellulari o altri apparecchi che possano riprendere o registrare ciò che là dentro accade ed andrà ad accadere.
Per tre giorni Eluana rimarrà sotto osservazione e sarà nutrita artificialmente, esattamente come è accaduto in questi anni a Lecco, dopodiché, se non interverranno ovviamente fatti nuovi, senza staccare il sondino alimentazione e idratazione verranno ridotte e quindi definitivamente sospese. E inizierà un’agonia destinata a durare circa due settimane.
E mentre una città disorientata si prepara a reagire con sit-in di protesta (come quello di ieri sera dei radicali) e fiaccolate, ieri monsignor Brollo, l'arcivescovo, ha chiesto a gran voce che «a questa donna sia garantita assistenza, idratazione, nutrizione» ricordando «che l'unico dovere che ha la società nei confronti di Eluana è quello di aiutarla a vivere». «Faccio appello alla coscienza di tutti - ha detto ancora il vescovo di Udine - perché quanti dubitano ancora abbiano la sapienza e la prudenza di astenersi da qualsiasi decisione irreparabile. Interpello, infine, i credenti della nostra Chiesa friulana: ogni cristiano di questa Diocesi agisca sapendo che nella fede nulla è perduto». E con parole ancora più dirette gli ha fatto eco padre Cristiano Cavedon, parroco della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, a poche centinaia di metri dalla Quiete.
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