Voleva rottamare il Pd. Ma pure la Schlein "benedice" la ditta

La candidata alla segreteria che predicava un cambiamento radicale è pronta a ripartire... da D'Alema e Bersani

Voleva rottamare il Pd. Ma pure la Schlein "benedice" la ditta

Elly Schlein, un po' per età un po' per inesperienza, è quella che rappresenta il rinnovamento nello scontro congressuale per la segreteria del Partito Democratico. Non solo. Anche se più volte candidata è la prima volta che si iscrive al Pd, e già si propone per la segreteria, proprio a simboleggiare quel rinnovamento. Del resto la sua prima esperienza era stata proprio nel movimento OccupyPd nato contro i 101 parlamentari che affossarono Prodi nell’elezione al Quirinale. Il primo punto del programma di quel movimento, il cui leader era Pippo Civati, era "azzeramento di tutta la classe dirigente”.

E che cosa fa oggi Elly Schlein? Richiama proprio quei vecchi dirigenti: Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani. La famosa "ditta", che per anni ha gestito il partito come un poltronificio occupandosi della gestione del potere. "Spero e credo" che entreranno nel Pd, ha detto la Schlein ad Agorà su RaiTre,"Abbiamo avuto anche percorsi non dissimili in questi anni con Articolo 1, con Roberto Speranza, anche adesso si stanno interrogando su quale contributo portare a questo congresso". E ancora: "Ricordiamolo, è un congresso costituente", ha aggiunto, "Il Partito democratico con generosità ha deciso di aprire le porte, di mettersi in discussione e sono convinta che sia anche l'occasione di ritrovare unità, di una sinistra però rinnovata, nel gruppo dirigente e anche nella visione che propone, quindi tenendo insieme la questione ambientale e femminista"

E da chi parte questa sinistra rinnovata? Da D'Alema e Bersani! E siccome la "ditta" si sta interrogando, i candidati segretari se la contendono. Ed è ancor più curioso che oggi tutti nel Pd, da Bonaccini a Schlein, tornino a richiamare lo stesso D’Alema che ormai da anni sostiene di non fare più politica, ma di occuparsi del mondo. E il cui nome nel frattempo spunta in affari su Corvette, ventilatori cinesi o con imprenditori di petrolio del Qatar.

Ma per aprire alla "ditta" il nuovo Pd deve rinnegare il renzismo, nonostante sia stata la stagione che ha portati i dem al 40%. E questo prima che la stessa "ditta" ostacolasse il referendum costituzionale dopo il quale Renzi si dimise da Palazzo Chigi. E nonostante quel referendum - come pure il governo Renzi e la sua segreteria - fosse sostenuto da tutti quelli che nel Pd oggi lo rinnegano.

Poco importa che Articolo Uno alle ultime elezioni sia stato costretto a nascondere i suoi candidati nel listino bloccato del Pd per riuscire ad eleggerli... La "ditta" rappresenta una concezione del partito che lo stesso Walter Veltroni, padre del Pd, ha voluto rottamare costruendo un partito liquido, aperto, lederistico, riformista e atlantico.

Ora sia chi si propone come rinnovamento - Schelin - che chi come riformarmatore - Bonaccini - per prima cosa apre ai protagonisti di un partito d’antan. Per poi ritrovarsi al prossimo congresso a chiedere l'ennesimo rinnovamento al prossimo rinnovatore.

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