Lo scetticismo è legittimo, la prudenza obbligata. La cronaca, però, racconta che alla fine di un lungo vertice mattutino i leader dei partiti che sostengono il governo, Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini, annunciano una scadenza - due, tre settimane al massimo - per la redazione di un documento condiviso sulle riforme costituzionali. Un testo che prevederà la famosa sforbiciata dei parlamentari con le nuove Camere composte da 500 deputati (ma potrebbero essere anche 530, la variabile dipende dall’introduzione o meno del diritto di tribuna per le forze minori) e 250 senatori. In tutto 750 eletti rispetto agli attuali 945. Nessun «dimezzamento», insomma, ma una riduzione non trascurabile di 195 unità.
Il documento, frutto delle intese raggiunte durante i lavori delle scorse settimane, prevede anche il superamento del bicameralismo perfetto, la sfiducia costruttiva (l’impossibilità da parte del Parlamento di votare la sfiducia al governo in carica se, contestualmente, non concede la fiducia ad un nuovo esecutivo), il potere di nomina e revoca dei ministri da parte del premier, la riforma dell’articolo 117 della Costituzione per ridurre la fascia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni e diminuire il contenzioso davanti la Corte Costituzionale.
Bisogna, però, fare i conti con la finestra temporale che la legislatura concede. Il voto è previsto per il prossimo anno. Ci sono quindi poco più di dodici mesi per interventi ambiziosi che necessitano della procedura di revisione costituzionale prevista dall’articolo 68 della Carta. Una volta presentato un testo alle commissioni, entro l’estate è prevista la prima lettura, in autunno la seconda e nell’inverno, forse già a dicembre, la terza e quarta. Per il momento, invece, non si registrano passi in avanti sulla legge elettorale. Nel colloqui di ieri i tre leader - che erano coadiuvati da Gaetano Quagliariello, Luciano Violante, Ferdinando Adornato e Italo Bocchino - avrebbero concordato sull’ipotesi di avviare la discussione subito dopo la prima lettura delle riforme costituzionali. Su questa materia, così come sul complesso degli interventi, l’auspicio è quello di riuscire a coinvolgere Lega e Idv in modo da creare le migliori condizioni per cambiare le regole del gioco.
L’intesa tripartita dovrà applicarsi anche alla riforma dei regolamenti parlamentari per la quale la discussione è già incardinata in Senato. Fra le proposte: tempi certi per l’iter parlamentare dei provvedimenti del governo, divieto di maxiemendamenti per garantire la trasparenza, priorità per gli emendamenti del governo, divieto per un parlamentare di cambiare casacca (chi lascia il gruppo dove è stato eletto potrà iscriversi solo al misto), discussione obbligatoria delle proposte di legge di iniziativa popolare, maggiori poteri alle commissioni.
I presidenti dei due rami del Parlamento professano ottimismo. «I tempi sono stretti ma con un po’ di buona volontà ce la possiamo fare se c’è condivisione politica. Sono fiducioso» dice Renato Schifani. «Ci sono segnali positivi: si stanno registrando importanti convergenze» aggiunge Gianfranco Fini. «Sulle riforme pensiamo davvero di potercela fare» promette Alfano. «Andremo avanti perché serve all’Italia. Pensiamo che il Paese abbia bisogno di istituzioni più efficaci.
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