«Inutile denigrare il Paese i pessimisti adesso tacciano»

Pier Luigi Loro Piana, sessant’anni, un cognome e una famiglia che sono legati a doppio filo, il gioco di parole è fin troppo facile, con la crescita e l’affermazione nel mondo, del grande brand del tessile e della moda italiana. Un imprenditore di successo ma anche il presidente di Unica il salone dei tessuti e degli accessori di alta gamma.
Nell’Italia dei disfattisti lei, dottor Loro Piana si impegna per fare un salone di eccellenza...
«Perché ci credo. Credo nell’Italia, credo che le nostre eccellenze debbano venire valorizzate prima di tutto da noi, che spesso brilliamo per il nostro scetticismo e che adesso siamo pure piombati nel pessimismo. Un pessimismo che, a parer mio, non è poi così giustificato».
Restiamo un attimo sulla categoria dei disfattisti...
«Un imprenditore disfattista non è un imprenditore. O meglio non può fare l’imprenditore. Per vocazione chi intraprende qualcosa, chi avvia un’impresa, chi si mette in gioco, deve essere il primo a credere in ciò che fa e, naturalmente, ha tutto il diritto di difenderlo perché deve lottare per affermarsi. Ma a che cosa serve e a chi serve denigrare l’Italia? Proprio in questo momento, mi creda, non ci possiamo permettere, soprattutto noi imprenditori, di essere pessimisti. Al contrario, da questa situazione di oggettiva difficoltà in cui siamo chiamati, ancora di più, a scommettere su noi stessi e sul nostro Paese, dobbiamo ritrovare lo spirito giusto per aguzzare il nostro ingegno e la nostra inventiva. Perché il mondo aspetta ancora queste qualità tipicamente italiane».
E a chi ha perso la fiducia che cosa si sente di dire?
«Mi sento di dire di guardare al nostro salone come esempio. Quando l’abbiamo pensato, in tempi non sospetti, c’era l’intenzione di mettere in mostra il meglio della nostra creatività, adesso il salone, come tutte le fiere, è diventato un grande momento di aggregazione. Certo, anch’io, come tutti gli altri miei colleghi, vado in Fiera per aiutare la mia azienda. Per farla apprezzare e crescere sempre di più. Ma mettersi in mostra, uscire allo scoperto significa cogliere l’importante opportunità di muoverci assieme e valorizzare, piccole e grandi aziende, un comparto come il tessile, dove l’Italia è indiscutibilmente leader da sempre. E i numeri di questa edizione la dicono lunga sul desiderio di crescita e di ripresa dei nostri imprenditori: 483 espositori, 30mila visitatori che sono arrivati a Milano, da ogni parte del mondo per fare affari...».
E magari anche per copiarci.
«Soprattutto per fare affari, mi creda. Poi ci possono anche copiare o, meglio, tentare di copiare. Ma copieranno sempre qualcosa che, nel frattempo, è superato perché siamo sempre noi italiani i più veloci a trovare nuove idee e a proporre nuove soluzioni e nuove collezioni».
Tra i pessimisti c’è, però, anche una sottocategoria, quella degli sfiduciati...
«Intendiamoci, quando io dico che bisogna avere il coraggio di andare avanti e di investire, non voglio ignorare la realtà economica che mi circonda in questo momento in Europa e nel mondo. Non bisogna essere ingenui. È innegabile che si percepisca un senso di frustrazione in molti imprenditori. Perché chi vuole giustamente tutelare la sua azienda, i suoi dipendenti, il suo lavoro pretende, altrettanto giustamente, leggi e normative chiare e certe. Pretende rispetto. Pretende che i sacrifici e l’esempio vengano anche dalla classe politica troppo incline ai proclami elettorali e ben poco disposta poi a mantenere le promesse».
E se i piccoli imprenditori chiudono i battenti?
«Una piccola impresa che decide o è costretta a chiudere è un patrimonio immenso di conoscenze, di inventiva, di ricerca sul prodotto che va perduto. Le grandi aziende non debbono gioire se un piccolo chiude. Perché è solo con le idee di tutti che si può andare avanti, che si può contribuire in tutti i settori ad una ripresa che sia rassicurante, proprio perché potenzialmente in grado di proporre all’estero una molteplicità di idee».
Poi ci sono quelli che invece scelgono la scorciatoia di traslocare all’estero...
«Fuggire dall’Italia è una sconfitta se uno fa l’imprenditore seriamente. Significa abdicare al proprio ruolo di uomo d’impresa. Lo si può fare solo se il Paese in cui si è nati, cresciuti e dove si è aperta la propria attività, diventa illiberale. Ma in Italia, grazie al cielo ma non siamo affatto a questo punto.

Dobbiamo solo scrollare dal carro quelli che non fanno nulla e, in effetti, sono un po’ troppi, e incamminarci tutti insieme, su una strada virtuosa per raggiungere la stabilità con un progetto economico serio che ci metta al riparo da nuove ricadute di crisi».

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