Non saprei se definire la proposta di sistema elettorale avanzata da Veltroni più un mostriciattolo alla liofante, connubio di leone ed elefante, oppure un camaleonte mutante colore ad ogni occasione.
Per i sistemi elettorali non c'è limite all'inventiva. Ma mettere insieme il sistema tedesco con quello spagnolo è il massimo dell'arditezza. Perché nel «tedesco si danno due voti, l'uno per scegliere il candidato nel collegio uninominale, e l'altro per eleggere i restanti deputati su liste bloccate dopo un calcolo proporzionale che si fa su scala nazionale. Nello «spagnolo», invece, si vota in collegi plurinominali ristretti nei quali si opera direttamente il calcolo degli eletti con la ripartizione proporzionale, sicché chi non raggiunge nel collegio una soglia abbastanza alta, viene automaticamente escluso dalla ripartizione. Dite voi se i due sistemi possono essere combinati o se, invece, non si tratti di una proposta mostruosa.
Al di là delle tecniche elettorali che appassionano soltanto i viziosi del ramo, la verità è che la proposta veltroniana mira a un sostanziale ribaltamento dell'unica riforma istituzionale di questi anni, pur se approssimativa e imperfetta, ossia il bipolarismo insieme all'indicazione diretta del premier, sottratta ai giochi trasformistici del Parlamento.
Dal 1994 si è andato, bene o male, configurando un bipolarismo fondato sull'alternanza decretata dal voto popolare, sia quando ha vinto il centrodestra sia quando ha avuto successo il centrosinistra. I ribaltoni contro la volontà degli elettori si sono verificati quando v'è stata una cattiva interpretazione delle norme costituzionali da parte della presidenza della Repubblica.
L'altro aspetto positivo dell'ultimo quindicennio in cui è stato vigente il sistema maggioritario-uninominale è stata l'indicazione del premier scaturita direttamente dalla scheda elettorale. Si è certo trattato di un'anomalia volta a supplire con un escamotage la mancanza della norma costituzionale, ma in ogni caso ha permesso di dare vita a governi radicati nel voto popolare. Ora, al contrario, la proposta Veltroni nasce nel segno dell'ambiguità. Il suo principale obiettivo non è di dare al Paese un sistema chiaro, comprensibile e trasparente, quanto piuttosto di interferire nei giochi politici della propria e dell'altrui coalizione secondo le convenienze del momento.
Infatti è il concetto stesso proporzionale che produce la frammentazione partitica e rende i giochi del Parlamento aperti a qualsiasi combinazione. Tutti conoscono le vicende della cosiddetta «prima Repubblica», il cui vero fondamento è stato proprio il regime elettorale proporzionale. Se, invece, l'indicazione della proporzionale è solo apparente, allora Veltroni deve spiegare cosa significhi che «il nuovo bipolarismo si fonda sulla coesione e non sulla coercizione», e «sulle alleanze e non sul programma».
Il grande affabulatore di Roma non può più giocare con le parole. Se davvero propone la proporzionale, sia chiaro che il sistema non produce maggioranze chiare né governi stabili. Anche il riferimento a nebulose alleanze è ambiguo: perché in tutti i sistemi elettorali, dal Mattarellum al Porcellum, dal collegio uninominale al premio di coalizione, per conquistare la maggioranza sono sempre necessarie delle alleanze.
Non a caso le reazioni alla proposta Veltroni sono state le più diverse ed opposte. Perché al suo fondo c'è la nebbia di un deteriore machiavellismo. Uno stile che fa scivolare il nostro Paese sempre più in basso.
Massimo Teodori
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