«Io, minacciata da uno sconosciuto So che vuol dire vivere nell’angoscia»

«C'era chi mi mandava lettere dal contenuto violentissimo. Scriveva cose come: “Vorrei infilarti un cacciavite in gola, vedere il tuo sangue schizzare”. Chi si spacciava per il mio fidanzato, mi mandava mazzi di fiori, scriveva alla redazione di Forum e diceva: “Vedi che il nostro rapporto va bene?”. Poi mi aspettava fuori dagli studi, e una volta è riuscito persino ad entrare in camerino». Paola Perego, conduttrice televisiva, lo stalking ha imparato a conoscerlo e dalle molestie ha imparato a difendersi. Gli episodi che racconta sono inquietanti quanto numerosi.
Quali quelli che l'hanno turbata di più?
«Uno riguarda proprio la persona che mi sono trovata un giorno persino in camerino. Aveva uno sguardo veramente minaccioso. Con un tono violento, mi disse: io ti devo parlare».
Lei come ha reagito?
«Ho chiamato la sicurezza, ma da quel momento lui non smetteva di aspettarmi fuori dagli studi. Il giorno del mio compleanno si è presentato a casa mia, spacciandosi per il mio fidanzato e ha chiesto alla portineria di salire su. A quel punto ho chiamato la polizia».
L’intervento delle forze dell’ordine l’ha fatta sentire più sicura?
«Be’, loro finora non hanno avuto grossi margini. Potevano solo imporre alla persona molesta di non avvicinarsi a casa mia».
Ha cambiato le sue abitudine dopo questi episodi?
«Ho dovuto farlo per forza. Per un periodo ho anche ingaggiato delle guardie del corpo. Adesso, invece, se mi capita di rientrare tardi la sera, mi faccio sempre accompagnare».
Qual è lo stato d’animo di chi subisce questo genere di molestie?
«Angoscia pura. E la terrificante consapevolezza che il molestatore sa tante cose di te, perché è spesso ossessionato dalla tua persona e tu, invece, non sai niente di lui».
Essere un personaggio famoso l’ha penalizzata?
«Certo attiri di più l’attenzione. Entri nelle case delle persone e loro ti considerano una di famiglia, nel bene e nel male»
Si è mai chiesta perché avvengono episodi di questo genere?
«Di mezzo ci sono di certo persone disturbate.

Di fondo c’è un problema culturale, però: la convinzione che la donna sia proprietà privata. Sono passati millenni, abbiamo fatto le rivoluzioni culturali, ma c’è una mentalità barbara che ancora resiste».
Consigli da dare alle donne-vittime?
«Il più banale: denunciate, denunciate, denunciate».

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