«Io, scalpellato irriducibile e sempre fedele»

Caro Rino Gattuso, come se la passa sulle stampelle?
«Va un po’ meglio: sento delle fitte, sento i punti che tirano, la mia coscia è diventata mozzarella, non c’è più muscolo».
È vero che i medici di Anversa hanno dovuto scalpellare l’osso per staccare il tendine con cui ricostruire il legamento?
«Prima dell’intervento mi chiedevano stupiti come avessi fatto a giocare 85 minuti col legamento reciso, dopo l’intervento mi hanno raccontato questo dettaglio. Mi guardavano strano, in Belgio».
Come si supera il primo infortunio grave della carriera?
«Sono rimasto fermo a letto tre giorni, e mi sembrava di impazzire. La mia non è retorica: in quelle ore ho pensato a chi sta peggio di me, a chi soffre davvero e non riuscivo a sentirmi triste».
Ha suscitato molta tenerezza quell’abbraccio con Kakà durante Milan-Udinese...
«Io sono fatto così, il calcio è la mia vita, il Milan la mia famiglia, e sono entrato per questo nel cuore dei miei compagni. Anche se per il bisogno di sentirmi importante a un certo punto dell’estate scorsa, fui tentato dall’idea di cambiare squadra».
È appena sbarcato Beckham e Gattuso è stato uno dei pochi a firmare giudizi positivi...
«Certo che sono contento. Anzi, mi son detto che tre mesi sono pochi per uno come lui. Hai appena il tempo di farti la bocca che già deve partire».
I tifosi del Milan non erano felici...
«Ma loro hanno criticato non il giocatore, piuttosto quello che sta attorno a lui. Lo star system è un mondo lontano dai tifosi italiani di calcio. Vedere il centro di Milano col traffico bloccato per la curiosità destata dalla presenza dei due non è un bellissimo esempio per i nostri ragazzi. Loro ci imitano: se vedono dei tatuaggi, si fanno i tatuaggi. E tra l’altro non rende nemmeno giustizia all’interessato che vive, nella sua attività, a chilometri di distanza da quell’ambiente».
L’ultimo semestre del 2008 è stato considerato il suo periodo migliore: c’è una spiegazione?
«Volevo riscattarmi. Nel torneo precedente non ero più io, correvo male, col motore a folle, mai lucido, sempre in affanno. E c’era qualcuno pronto a giurare che ero spompato, arrivato alla fine. Perciò quando arrivò il Bayern invece che sbattere la porta, ascoltai la proposta».
Come andò davvero quella sera?
«Furono decisive la caparbietà di Galliani e le parole di mio padre. Già, mio padre Franco: sembrava lui un altro dirigente del Milan presente alla trattativa. Prima di entrare nell’ufficio di Galliani, gli dissi: mi raccomando papà, sostieni la mia causa. E invece di sostenere le mie ragioni, mi venne contro, me ne disse di tutti i colori. Capii che per il Milan non ero uno qualsiasi».
Ma com’è possibile che il Milan non sia da corsa in campionato?
«La spiegazione fornita da taluni è la seguente: troppi campioni, pochi lottatori. Io segnalo un altro dato: il Milan è una squadra da combattimento per 3-4 partite. Per vincere bisogna arrivare a 10-15. Come punto di riferimento io prendo la Juve di Capello e l’Inter attuale, entrambe capaci di esprimere fisicità, forza, facendo gol su calci piazzati, magari non calcio bello e spettacolare andando però al sodo: non a caso il calciatore simbolo di queste due squadre è Ibrahimovic».
Addio scudetto, allora?
«Cinque anni che non vinciamo il tricolore sono tanti, troppi per il Milan. Se giochiamo come contro l’Udinese ti accorgi che la qualità non manca. Serve la disponibilità a soffrire di più».
Caro Gattuso, è sorpreso da Ronaldinho?
«Sì e in positivo. E sapete in particolare da cosa? Non tanto dai gol, li ha sempre fatti. Ma dall’espressione di rabbia che aveva dopo i pareggi di Lecce e Torino».
E Pato è così forte come fa intravedere di tanto in tanto?
«Gli piace “cazzeggiare”, nemmeno sa quanto è forte e dove può arrivare con quel talento a disposizione».
Ce la farà Totti a riconquistare la Nazionale?
«La garanzia è Lippi: lui è uno che non guarda in faccia nessuno. Se ti porta è perché è convinto che tu possa essere utile. Altrimenti niente».
Provi a scegliere l’atleta del 2008.
«Bolt, naturalmente: una forza della natura».
E il calciatore in Italia?
«Ibrahimovic: sempre più determinante».


Italia-Inghilterra in Champions: come finirà?
«La Roma ce la farà, l’Inter se la gioca, la Juventus anche».
Arbitri nella bufera: c’è una proposta da fare?
«Mi sembra sprecato il quarto uomo: non può lavorare di più al fianco della terna?».

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