Soltanto il provvidenziale intervento del ministro leghista Luca Zaia era riuscito a risvegliare dal coma profondo l'ippica italiana, dirottando al settore una percentuale sugli introiti delle slot machine.
Eppure in questo clima avvelenato e di profonda incertezza sul futuro cè chi continua a fare il proprio dovere con passione, professionalità e quel pizzico di genialità che da sempre caratterizza l'eccellenza del «made in Italy». Ci riferiamo agli allevatori italiani, sia di galoppo sia di trotto, che stanno tenendo ben alto il tricolore in Europa. Sabato a Sandown l'italianissimo Rip van Winkle, allevato dal romano Roberto Brogi, ha fatto vedere i sorci verdi al vincitore Sea the Star, considerato a ragione il «cavallo universale», il più forte purosangue di 3 anni del continente del valore di svariati milioni di euro. E in Italia il giorno dopo l'eccezionale due anni Marshade surclassava gli avversari a San Siro nel «De Montel» con lo stile del puledro buonissimo. L'Italia, insomma, può contare su due campioncini in erba che fanno davvero sognare.
Ma gli allevatori del trotto non sono certo da meno: basti dire che lo scorso anno i trottatori «made in Italy» hanno conquistato in giro per l'Europa 9 gran premi di Gruppo 1: nessun altro allevamento nel continente è riuscito a fare meglio.
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