Irak, aprono i seggi e scoppiano le bombe

BagdadBomba dopo bomba domenica, forse, arriveremo alle urne. Ma non sarà né facile, né indolore. Il primo giorno di voto, riservato ai militari, poliziotti e a chiunque domenica non potrà abbandonare il posto di lavoro, si apre nel segno del sangue e delle bombe. A riportare Bagdad all’epoca del terrore ci pensano i razzi di una cellula terrorista e due kamikaze usciti di buon mattino per seminare morte nei seggi. S’inizia con i Katyusha lanciati contro una postazione elettorale ancora chiusa nel quartiere di Hurrya. Il puntatore sbaglia tutti i calcoli, ma la malasorte rimedia nel modo più crudele guidando gli ordigni verso il tetto di un edificio abitato da un gruppo di famiglie. Se paura e sangue sono il risultato voluto, l’obbiettivo è perfetto. Dalle rovine degli appartamenti i soccorritori estraggono i corpi di quattro bimbi e di tre adulti schiacciati dalla macerie e dilaniati dalle schegge propagatesi all’interno del palazzo. Accanto ai corpi allineati piangono e chiedono aiuto una ventina di feriti.
Mezz’ora dopo entrano in scena gli attentatori suicidi. Il primo si fa saltare all’interno di una scuola adibita a seggio di Mansour, uno dei più ricchi ed esclusivi quartieri della città. Il secondo semina morte a Baab al Muadham, un’altra zona centralissima della capitale. La modalità è la stessa. Per raggiungere il più letale dei risultati i due attentatori devono solo mescolarsi ai soldati in fila, entrare nei seggi, innescare la carica in prossimità del punto più affollato. I risultati parlano da soli. Nella scuola di Mansour si raccolgono sei cadaveri, in quella di Baab al Muadham altri quattro. La prima giornata di voto si chiude così con 17 morti ammazzati nella sola capitale.
Questo primo triste conteggio, dopo le oltre 30 vittime causate mercoledì dagli attentati di Baquba, è solamente un risultato parziale nella lotta tra il governo iracheno e gli ultimi portabandiera della destabilizzazione. Il voto di domenica è il primo cruciale scontro da quando gli americani si sono ritirati dalle città lasciando la sicurezza nelle mani delle neonate forze di sicurezza. Il risultato si vedrà nelle prossime 48 ore. Se le cellule di Al Qaida e gli altri gruppuscoli del terrore fondamentalista metteranno a segno un numero di attentati sufficienti a convincere i 19 milioni di elettori iracheni che il diritto al voto non vale il rischio di raggiungere i seggi il processo di stabilizzazione del Paese potrebbe subire un ritardo.
In ogni caso il rischio è assai limitato. I duri colpi inferti ai gruppi integralisti dopo il 2007 e la definitiva conversione alla legalità istituzionale dei principali gruppi tribali sunniti ha quasi prosciugato il fiume in cui si propagava il terrore qaidista. Neppure una serie di attentati a raffica nella capitale riuscirebbe, nonostante l’inevitabile risonanza mediatica, ad arrestare il processo di uscita dall’instabilità iniziato negli ultimi tre anni. Per capirlo basta dare un’occhiata alle liste e ai nomi che si contendono la vittoria. Il primo ministro Nouri al Maliki, capofila della cosiddetta «Coalizione per lo stato della legge», guida una coalizione moderata capace di raccogliere il voto di tutta quella comunità sciita decisa a mantenere le distanze da Teheran e a evitare un ritorno alla guerra di religione con i sunniti. Grazie a questo diffuso bisogno di normalità Maliki può sperare di farsi perdonare i numerosi passi falsi della legislatura e garantirsi una congrua maggioranza relativa. Il suo principale rivale Ayad Allawi conta sullo stesso bisogno di tranquillità e pacificazione. Fedele al suo credo di sciita laico e secolarista, l’ex premier punta al voto dei correligionari meno inclini al fanatismo e a quello dei sunniti del Fronte del dialogo nazionale di Saleh al-Mutlak.

A far il gioco di Teheran e delle fazioni sciite più oltranziste ci pensano invece i sostenitori dell’Alleanza nazionale irachena, una coalizione nata grazie alle manovre iraniane dall’alleanza dei fedeli di Moqtada Sadr con gli ex nemici del Supremo consiglio iracheno.

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