Iran, giallo sui capi dell’Onda: «Sono spariti»

Dove sono Mehdi Karroubi e Mir Houssein Mousavi? Che fine hanno fatto i leader dell'opposizione più volte minacciati di arresto dai vertici del regime? Sono fuggiti, Sono agli arresti domiciliari nelle loro abitazioni di Teheran? Sono stati presi in consegna dai pasdaran e deportati in una località sconosciuta? Da ieri sera queste domande agitano l'Iran e il resto del mondo. A seminare i primi dubbi ci pensa l'Irna, l'agenzia di stampa ufficiale iraniana, annunciando la fuga dalla capitale dei due ex candidati alle presidenziali diventati negli ultimi sei mesi i capofila dell'opposizione. A moltiplicare la notizia ci pensano le voci di twitter e internet. Alcune parlano di disinformazione del regime e danno per confermata la presenza a Teheran di Karroubi. Secondo altre fonti i due sono però agli arresti domiciliari. Altre indiscrezioni li danno invece nella mani di un gruppo di pasdaran incaricati di prelevarli dalle loro abitazioni e trasferirli in località sconosciute.
Chi accredita la versione di una fuga o di una deportazione cita la località di Kelar Abad, un piccolo paesino a nord di Teheran diventato il luogo di esilio o l'ultimo rifugio dei due. In serata l’ultima versione arriva dal figlio di Karroubi, Hossein: «Ho visto mio padre a Teheran alle 21, le notizie sulla sua fuga sono solo propaganda». E la conferma che almeno Mousavi sia, seppur non con certezza a Teheran, ancora libero, arriva poche ore dopo da un messaggio su Twitter, attribuito allo stesso leader dell’opposizione: un breve testo nel quale Mousavi esorta i suoi sostenitori «a scendere in strada a Teheran... nel caso che sia arrestato qualunque leader del movimento Verde. Ditelo a tutti».
Una cosa sembra certa, da ieri il regime ha adottato ufficialmente la strategia del terrore stringendo il cerchio intorno ai leader dell'Onda Verde. Su blog e Twitter rimbalzano anche le voci dell'arresto dell'artista e docente universitaria Zahra Rahnavard, l'influente moglie di Mir Hosein Mousavi considerata l'ispiratrice di molte decisioni dell’ex primo ministro. L'arresto, se confermato, fa seguito alla brutale eliminazione di Sayyed Ali Habibi Mousavi il nipote del leader riformista assassinato durante le manifestazioni di domenica. Il cadavere di Alì Habibi Mousavi scomparso dal'obitorio martedì e tenuto nascosto dalle forze di sicurezza per evitare nuove manifestazioni durante i funerali è stato restituito soltanto ieri mattina e sepolto nel corso di una cerimonia strettamente privata.
A inaugurare ufficialmente la nuova strategia dell'intimidazione ci pensa il presidente Ahmadinejad con un discorso televisivo in cui annuncia l'imminente liquidazione di rivoltosi e oppositori. «Fanno molto rumore e continuano a diffondere notizie false per complicare la situazione, ma devono sapere che la nazione iraniana è come un oceano... quando si muoverà non avranno più alcuna possibilità di far marcia indietro, pentirsi non gli servirà più a nulla».
La decisione di schiacciare i nemici del regime viene ribadita dal capo della polizia iraniana generale Esmail Ahmadi-Moqaddam che annuncia «la fine dell'era della tolleranza». Secondo il generale d'ora in poi chiunque verrà arrestato nel corso delle proteste finirà sotto processo per atti contro il Signore e rischierà una condanna a morte. «Accecheremo l'occhio della sedizione chiunque verrà arrestato - minaccia il generale - sarà trattato con la severità che spetta a un criminale. Chiunque prenderà parte ai raduni e contribuirà all'insicurezza sarà considerato un moharebeh, colpevole di atti contro il Signore».
L'annunciato giro di vite è anche il sintomo dell'isolamento della gerarchia di potere. Un isolamento reso più soffocante a livello internazionale dai rapporti d'intelligence che denunciano il tentativo di Teheran di metter le mani su una partita di 1372 tonnellate d'uranio proveniente dal Kazakistan. L'ennesima beffa alle sanzioni dell'Onu suona come un implicito rifiuto delle offerte di dialogo avanzate da Stati Uniti e Nazioni Unite che Teheran ha tempo fino a quest'oggi, ultimo giorno dell'anno, per accettare.

Stando ai rapporti d'intelligence occidentali Teheran ha acquistato la partita d'uranio grazie alla complicità di alcuni funzionari del governo del Kazakhstan e per averla ha sborsato 300 milioni di euro pari a circa tre volte il prezzo di mercato.

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