Iran, la polizia minaccia un bagno di sangue

E il terzo giorno Montazeri risorse. Da ieri il fantasma del Grande Ayatollah dissidente guida la protesta, infiamma gli animi dell’opposizione, trasferisce la rivolta nel cuore di Isfahan, l’antica capitale 350 chilometri a sud di Teheran. La morte dell’anziano religioso scomparso sabato notte a 87 anni si trasforma così da lutto in toccasana. Dopo sei mesi di sfilate, cortei e durissima repressione il movimento di rivolta innescato dalle frodi elettorali dello scorso giugno sembrava prossimo allo stallo. La scomparsa della Guida Spirituale dei riformatori, dell’uomo che per primo osò opporsi all’imam Khomeini, regala invece nuova energia e nuova forza all’Onda Verde. I primi a capirlo sono gli uomini del regime, i funzionari incaricati di tener a freno le masse degli oppositori. Il primo ad alzare la voce, segnalando la preoccupazione del potere, è il capo della polizia iraniana Esmail Ahmadi Moqadam. «Finitela con le manifestazioni o rischiate un confronto durissimo. Sospendete le attività oppure – dichiara Moqadam -, verrete affrontati con molta durezza come previsto dalla legge».
Tutto inizia davanti alla moschea principale di Isfahan, dove i sostenitori di Hossein Alì Montazeri si danno appuntamento per celebrare il terzo giorno di lutto. Un appuntamento non casuale. Najabad, la città natale del Grande Ayatollah, è un sobborgo di Isfahan e qui Montazeri conta fedeli e sostenitori. Ad attirare ancora più gente contribuisce la presenza alla testa delle celebrazioni dell’ayatollah Jalal al Din Taheri. Coetaneo di Montazeri ed amatissimo in tutta Isfahan, Taheri nel 2002 abbandonò dopo 30 anni il suo posto di «capo» della preghiera del venerdì denunciando «la corruzione generalizzata del potere religioso». Il suo ritorno alla testa delle celebrazioni per la morte del Grande Ayatollah del dissenso è uno schiaffo simbolico all’attuale sistema di potere. A cancellare l’affronto arrivano anche stavolta le squadracce basiji, i volontari della rivoluzione inquadrati nel corpo dei pasdaran. Spetta a loro occupare la moschea, impedire ai fedeli e ai militanti riformisti di mettervi piede. Spetta a loro sgombrare con cariche, bastoni, gas e spray urticante le migliaia di dissidenti riuniti intorno al luogo sacro.
Finisce, come da sei mesi a questa parte, con botte da orbi, manifestanti insanguinati, una cinquantina di persone in gattabuia tra cui anche quattro giornalisti locali. Gli scontri di ieri rappresentano però una svolta molto pericolosa per il regime. I disordini accesisi lunedì durante i funerali nella città santa di Qom avevano già segnalato una frattura all’interno del movimento religioso. Ad allargarla contribuiscono le voci secondo cui il 72enne Yousuf Sanei, un altro Grande Ayatollah molto vicino al movimento riformatore, si preparerebbe a raccogliere l’eredità di Montazeri per diventare la nuova guida spirituale dell’opposizione. Le sue posizioni sono, già oggi, autentico fumo negli occhi per i conservatori. Sostenitore dell’assoluta eguaglianza tra i due sessi, Sanei ripete da tempo che il Corano non proibisce a una donna di guidare una nazione. E come se non bastasse ha più volte bollato come terroristi gli attentatori suicidi. La sua discesa in campo in qualità di supremo tutore religioso di Mir Hosein Moussavi e dell’ayatollah Mehdi Karroubi, i due ex candidati trasformatisi in leader politici del movimento verde, avrebbe però un potere ancor più dirompente.

Una sua decisa presa di posizione consentirebbe all’Onda Verde di spaccare la cupola ecclesiale del potere e restringere ancora di più gli spazi di consenso della Suprema Guida Alì Khamenei, del presidente Mahmoud Ahmadinejad e dei Guardiani della Rivoluzione. Non a caso martedì una dimostrazione di ultrà religiosi ha circondato la residenza del Grande Ayatollah nella città di Qom, gridando slogan contro gli ipocriti e tirando giù a colpi di pietre le vetrate del suo studio.

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