Iran, ucciso un fisico: è la guerra nucleare segreta

Fin qui, come si diceva del bandito Giuliano, l’unica cosa certa è che sia morto. Per il resto avanti con le accuse. E che accuse. Di buone ragioni per far fuori Massoud Ali-Mohammadi, lo scienziato iraniano dilaniato da una motobomba esplosa, ieri mattina, davanti alla sua abitazione di Teheran, ce n’erano a bizzeffe. La prima, è che era un cervellone, una delle teste più lucide della fisica atomica iraniana, uno scienziato in grado di fornire un contributo importante alle ricerche sul nucleare. Attenzione, però, a dar retta ai portavoce dell’agenzia atomica iraniana: il professor Massoud Ali-Mohammadi, docente all’università di Teheran, non era legato ai progetti atomici. Il professore era, inoltre, un sostenitore di Mir Hossein Mousavi, il leader simbolo dell’opposizione iraniana. Il suo nome, prima delle elezioni presidenziali dello scorso giugno, compariva in una lista di 240 intellettuali pronti ad appoggiare il candidato dell’opposizione. Dunque, malgrado il regime annunci di aver gli «indizi del coinvolgimento di regime sionista e Stati Uniti» le ragioni potrebbero esser altre. Qualcuno parla di una punizione per la sua adesione all’Onda Verde. Ma se era un semplice sostenitore di Mousavi e d’intimidazione doveva trattarsi, bastava spedirlo in galera come migliaia di altri oppositori. Neppure l’ipotesi di una punizione esemplare impartita ad uno scienziato trasformatosi da semplice oppositore in pericolosa talpa pronta a collaborare con i nemici del Paese sta in piedi. Anche in questo caso sarebbe stato molto più conveniente arrestarlo, metterlo alle strette e costringerlo a rivelare ogni dettaglio sulla rete di spie con cui collaborava.
Massoud Ali Mohammad è stato, invece, ucciso con un ordigno esplosivo potente e sofisticato piazzato su una moto parcheggiata davanti a casa sua. Un ordigno sicuramente controllato a distanza. Questi elementi rafforzano l’ipotesi di un giallo internazionale, di una morte da inserire in quel «programma decapitazione» - guidato dal Mossad - che ha già portato all’eliminazione o alla scomparsa di numerosi scienziati iraniani. Il primo a lasciarci le penne è l’ingegnere Ali Mahmoudi Mimand, il padre del programma missilistico iraniano, fatto a pezzi, nove anni fa, da una misteriosa esplosione all’interno del complesso militare industriale Shahid Hemat a sud di Teheran.
La seconda vittima illustre, spedita all’altro mondo nel febbraio 2007 da una fuga di gas radioattivo, è il professor Ardenshir Hassenpour, un cervello della fisica iraniana considerato dall’intelligence occidentale il massimo esperto di ricerche militari. In questa guerra misteriosa e oscura gli iraniani devono però far i conti anche con sparizioni e sospetti di tradimento. Il caso più recente è quello del dottor Shahram Amiri, scomparso tra maggio e giugno dello scorso anno durante un pellegrinaggio alla Mecca. A dar retta a Teheran lo scienziato - coinvolto nelle ricerche nucleari svolte nei laboratori dell’università Malek Ashtar - sarebbe stato fermato dai sauditi e consegnato agli Stati Uniti. Secondo fonti occidentali Shahram avrebbe defezionato e le sue rivelazioni avrebbero consentito l’individuazione dell’impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio costruito dagli iraniani alla periferia di Qom. Altrettanto misteriosa resta la sorte del generale dei pasdaran Alì Reza Asgari, un ex vice ministro della Difesa dissoltosi nel nulla durante un viaggio in Turchia agli inizi del 2007.
Il programma decapitazione non sempre però uccide o rapisce. La campagna guidata personalmente da Meir Degan, numero uno del Mossad dal 2003, conta decine d’altre operazioni segrete studiate per rallentare i progetti iraniani fino a quando non si sarà trovata una soluzione definitiva al problema del nucleare. Uno dei colpi più micidiali da questo punto di vista va a segno all’inizio del 2006 quando gli iraniani acquistano alcune pompe difettose. Quei congegni, manomessi da uno scienziato nucleare americano dei laboratori di Los Alamos e introdotti attraverso la Turchia da alcune talpe israeliane, causano delle esplosioni a catena nei laboratori di Natanz mettendo fuori uso almeno cinquanta centrifughe. Lo scacco matto arriva nel febbraio 2007 quando un’altra esplosione colpisce il reparto in cui si trovano il professor Ardenshir Hassenpour e i suoi collaboratori.

Investito da una fuga di gas letale lo scienziato si spegne in pochi giorni. Quel colpo al cuore avvia una spietata caccia alla spia conclusasi, il 17 novembre 2008, con l’impiccagione di Ali Ashtari, un importatore di materiali elettronici accusato dagli iraniani di lavorare per il Mossad.

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