James Franco, un’attore geniale che lascia gli Oscar per il college

Il presentatore del premio ha snobbato la festa ed è corso a Yale. È inarrestabile: recita in film di culto, scrive, dirige e dipinge

James Franco, un’attore geniale 
che lascia gli Oscar per il college

Che fine ha fatto James Franco? L’interrogativo non se lo sono posto i milioni di spettatori che hanno visto e seguito l’attore in diretta l’altra notte a condurre la premiazione degli Oscar. Bensì i supervip invitati alla festa da lui voluta e pubblicizzata come la serata post-show che rivaleggiava con i tradizionali appuntamenti di Madonna e di Demi Moore. Erano in tanti ad aspettarlo, gli spumeggianti sponsor della serata, amici-attori come Kevin Spacey e la «maudit» Lindsay Lohan. Persino il fratello Dave e la nonna. Ma dell’attore, pure candidato in questa edizione all’Oscar per l’incisiva interpretazione basata sulla drammatica e vera storia dello scalatore Aron Ralston in 127 Ore di Danny Boyle, neppure l’ombra.
Bizze da star? Dipende se in quest’accezione rientra anche lo studio. Sì perché l’eclettico James Edward Franco (su Wikipedia ha una delle classificazioni più lunghe: attore, regista, sceneggiatore, produttore, studioso d’inglese, scrittore, pittore e performance artist) che il prossimo 19 aprile compirà i fatidici 33 anni è noto per essere un ottimo studente di Yale. Così, per non mancare all’obiettivo di aggiungere un titolo di PhD al suo curriculum, sembra che dopo la cerimonia degli Oscar abbia preso il volo da Los Angeles per tornare a seguire le lezioni universitarie.
Niente gioventù bruciata quindi anche se l’attore ha interpretato James Dean nel biopic televisivo dedicato al mito di Hollywood vincendo pure un Golden Globe. Piuttosto il frutto di una nuova generazione d’interpreti, inquieti fin che si vuole ma anche molto legati al proprio lavoro, professionali, al passo con i tempi, globali negli interessi. Per dire l’altra notte non ha fatto altro che inserire su Twitter minuto per minuto foto e messaggi dal palco e dal retropalco del Kodak Theatre per la gioia delle quasi trecentomila persone che lo seguono su internet.
E forse è anche per onorare tutti questi suoi fan che recentemente ha rifiutato di tornare a lavorare nella saga di Spiderman dopo che l’annunciata quarta puntata, sempre diretta da Sam Raimi, è stata annullata. Ora si sta girando The Amazing Spiderman in 3D diretto da Marc Webb con Andrew Garfield al posto di Tobey Maguire e lui, per non tradire gli amici, non ne ha voluto sapere: «Sono molto triste per Sam e per Tobey. Credo fossero davvero una squadra eccezionale. Un Peter Parker come Tobey era davvero unico». Una pietra tombale.
Certo il bell’attore è anche un bel tipo. Inclassificabile. Una volta si cimenta in ruoli in qualche modo impegnati, attirando le simpatie del mondo gay, come l’amante omosessuale di Sean Penn in Milk di Gus Van Sant o come l’Allen Ginsberg del recente Urlo scritto e diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, e poi si lancia nella commedia grottesca medievale Your Highness di David Gordon Green con Zooey Deschanel e Natalie Portman in uscita tra un mese negli Stati Uniti. È di oggi poi la notizia che tornerà a lavorare con l’amico regista Sam Raimi come protagonista di Oz The Great and Powerful prequel in 3D del classico Il Mago di Oz. Mentre sta girando un altro prequel, questa volta del Pianeta delle scimmie, in cui interpreta lo scienziato che creerà le scimmie super-intelligenti.
Insomma James Franco è tutta una sorpresa. Come regista di tre lungometraggi tra il 2005 e il 2007, come il film che vuole dirigere sul poeta suicida statunitense Hart Crane e come la sua personale The Dangerous Book Four Boys in corso in questi giorni alla galleria Peres Projects di Berlino. Una bizzarra esposizione di fotografie, sculture, installazioni ma anche cortometraggi e una serie di disegni che ha realizzato negli ultimi quattro anni. Sarà colpa della famiglia di provenienza (la madre è una scrittrice per ragazzi, il fratello un artista, i nonni pure) ma di certo l’attore-regista-ecc. non si è accontentato di essere il protagonista di una mostra tutta sua che ha debuttato lo scorso anno addirittura a New York. Ora ha deciso di cimentarsi anche con la scrittura e ha da poco pubblicato negli Stati Uniti un volume (208 pagine in edizione tascabile Faber&Faber) che prende il titolo dalla sua città natale: Palo Alto. Una serie di racconti incentrati sugli adolescenti alle prese con la droga, il sesso, i videogiochi, l’alcol. In America ha ricevuto più di una critica negativa.
Niente a che vedere però con quelle feroci di ieri per la conduzione degli Oscar. The Hollywood Reporter ha scritto che «saranno ricordati come la notte in cui James Franco, distante e disinteressato, si è dimostrato incapace di presentare» mentre il Washington Post ci è andato giù ancora più pesante: «È il ragazzo che non vorreste veder uscire con vostra figlia, palpebra pesante, sorriso ebete. Ha scelto gli Oscar per farsi un pisolino».


La critica peggiore per uno che a proposito di relax ha dichiarato: «Mi è impossibile. Non mi piace nemmeno dormire. Mi sento che ci sono troppe cose da fare». Che non sia il caso di focalizzarsi su qualcosa in particolare?

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