Quasi mai una vera attrice diventa diva. Talora una seria diva diventa unattrice. Jean Simmons - londinese di Santa Monica, morta ieri a ottantuno anni, dopo due nomine allOscar - oscillò fra la dimensione professionale e quella mitica per gli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta.
Loccasione di essere sia vera attrice, sia diva, la perse nel 1953. William Wyler la voleva per Vacanze romane, ma il produttore Howard Hughes - il personaggio di Leonardo Di Caprio in Aviator - le fece scontare la contesa legale che li opponeva. Così, a diventar diva, la più atipica delle dive, fu unaltra ragazza (parzialmente) inglese: Audrey Hepburn.
Si spiega così che la Simmons sia oggi nei ricordi e nei rimpianti dei sessantenni e oltre. Il prestigio, conquistato quandera men che ventenne, vincendo il premio per linterpretazione alla Mostra di Venezia per Amleto di Laurence Olivier, assicura più il reddito che la gloria. Due anni dopo Amleto, sposando il prestante connazionale Stewart Granger, la Simmons diventava esponente secondaria di un certo glamour. Avendo esordito nel cinema con grandi registi (Grandi speranze di David Lean, Narciso nero di Powell & Pressburger), ebbe il solito destino degli attori inglesi dAmerica. Con quellaccento, specie se avevano fatto teatro, sembravano rétro per le masse rurali dellOhio e dellArkansas come per quelle industriali della Pennsylvania e del Michigan. Così Hollywood li impiegava prevalentemente nei film storici. Nel caso della Simmons, o brutti e dimenticabili o sopravvalutati, come Spartacus, sceneggiato da Dalton Trumbo, perché Kirk Douglas non sattenne al divieto risalente al decennio precedente che un comunista non poteva firmare e doveva ricorrere a un prestanome (sera subito offerto di farlo lo stesso regista del film, Stanley Kubrick, onde concorrere anche a quellOscar...).
Da schiava dei romani a borghese inglese, la Simmons apparve subito dopo - era il 1960 - come comprimaria in unesplicita commedia adulterina di Stanley Donen, Lerba del vicino è sempre più verde, ancora accanto a Deborah Kerr, come in Narciso nero. Era già una bella prova di elasticità, era la conferma che lei sapeva fare di tutto, come sera capito fin dal musical tratto da Damon Runyon, Bulli e pupe di Joseph Mankiewicz. Lì la Simmons era accanto a Marlon Brando, come poi sarebbe accaduto nel polpettone napoleonico Desirée di Henry Koster, uno dei momenti trascurabili di una lunga carriera, segnata nel declino dallabuso dellalcol.
Lascesa era culminata ne Il figlio di Giuda di Richard Brooks, il regista che aveva intanto sostituto Granger accanto a lei.
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