Jim Kerr, l’anima dei Simple Minds

Domani all’Alcatraz il gruppo britannico anima della musica da ventotto anni

Luca Testoni

Jim Kerr e il fidato chitarrista Charlie Burchill, unici superstiti della formazione storica (tutto ebbe inizio a Glasgow nel 1978), sembrano avere finalmente realizzato che il successo - quello con la “s” maiuscola -, è finito. E da un bel pezzo. Eppure di mollare il colpo i Simple Minds ancora non ne vogliono sapere.
La sfida odierna? Costruirsi una nuova, credibile identità, guardandosi bene dal rinnegare il passato. Passato di straordinarie soddisfazioni, che tradotto in cifre vuole dire 28 anni di carriera per oltre 25 milioni di dischi venduti, sospeso tra new wave elettronica acuta e raffinata (l’album New Gold Dream era e resta uno dei capolavori dei primi anni Ottanta) e rock epico da stadio alla maniera dei dublinesi U2.
Con Bono e soci, per un certo periodo, gli scozzesi hanno pure tentato di rivaleggiare, talvolta ricorrendo ad autentici inni pop da hit parade come Alive and kicking e Don’t you (forget about me), quest’ultima numero 1 in mezzo mondo occidentale.
Alla fine, però, il match li ha visti soccombere. Sul più bello, mentre gli irlandesi spiccavano il volo per diventare le star incontrastate del rock di massa, le “menti semplici” hanno imboccato una lunga parabola discendente.
È vero, i gossip attorno al carismatico cantante Jim Kerr (l’uomo che prima ha sposato Chrissie Hynde dei Pretenders, ci ha fatto una figlia, oggi ventenne, e poi ha divorziato e, quindi, ha fatto altrettanto con la bellissima Patsy Kensit, dalla quale ha avuto un maschietto) hanno continuato a fare notizia. Ma non si può certo dire altrettanto per i tentativi più o meno strutturati della band scozzese di inventare qualcosa di nuovo.
Curiosamente, quella che definiscono “rinascita” è legata a doppio filo al nostro Paese. “Innamorati pazzi” dell’Italia, che frequentano da decenni per piacere (il “solito” Kerr risiede spesso e volentieri a Taormina, dove è proprietario di un albergo e di una tenuta agricola nella quale produce olio d’oliva e vino e dove si mormora abbia incontrato la sua nuova anima gemella), oltre che per le tournée (gli ammiratori fedeli 35/40enni non mancano...), lo scorso anno hanno realizzato proprio da noi una buona fetta di Black & White 050505, l’ultimo disco. In precedenza, avevano fatto lo stesso per il tutt’altro che esaltante Neapolis.
I Simple Minds di oggi sono comunque una band di nicchia che punta a conquistare un pubblico attratto da un rock melodico-sinfonico d’alto bordo. Per questi obiettivi, Kerr ha riportato al banco di missaggio Bob Clearmountain, già collaboratore della band ai tempi del best-seller Once upon a time e artefice di alcuni dei grandi successi di Nile Rogers, David Bowie e Brian Ferry. Con risultati tangibili: un suono tirato a lucido e possente, che dona alle tracce del disco un indubbio appeal.


Kerr, 47 anni a luglio, guiderà con il consueto piglio i suoi - oltre a Burchill, il batterista Mel Gaynor (un ottimo musicista già presente ai tempi di New Gold Dream), il bassista Eddie Duffy e il tastierista Mark Taylor - nello show di domani sera all’Alcatraz di via Valtellina 25 (ore 21, ingresso 25 euro). Due ore di musica con non poche concessioni al repertorio storico. Guai però a parlare di revival.

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