Jo Champa: «Produrre è la mia nuova passione Farò un film su Lennon»

Jo Champa: «Produrre è la mia nuova passione Farò un film su Lennon»

Claudia Laffranchi

da Los Angeles

Negli anni Ottanta era una delle attrici di punta del cinema italiano (Le vie del Signore sono finite di Troisi, La famiglia di Scola), poi il trasferimento in America e il progressivo affievolirsi della luce dei riflettori su di lei. Madrina della retrospettiva dedicata a Massimo Troisi (di cui è stata la campagna) in calendario fino a mercoledì a Los Angeles, l’attrice italoamericana Jo Champa rompe un periodo di voluto silenzio, durante il quale lei e il marito Joseph Farrell, fondatore ed ex presidente della Nrg, la più grande società di ricerche di mercato nel campo del cinema, ora produttore, hanno avuto il loro primo figlio, Sean Joseph.
Lei ha lavorato con Troisi in Le vie del signore sono finite, del 1987. Che cosa pensa di questa retrospettiva americana?
«Massimo è un classico esempio di attore italiano che è andato oltre. Non era solo un comico, era un attore. Non era solo napoletano, poteva essere internazionale, una specie di Buster Keaton. Io sono convinta che la sua comicità possa colpire gli americani, che lo conoscono solo per Il Postino. Voglio ringraziare Cinecittà e l'American Cinemathèque perché stanno facendo un lavoro incredibile per promuovere tra il pubblico e gli addetti ai lavori i film italiani qui a Los Angeles. Non solo i classici, con tutto rispetto per Fellini, Rossellini o De Sica, ma anche i contemporanei: da Benigni a Troisi a Verdone ai giovani autori di oggi».
Ora che suo figlio ha dieci mesi ha deciso di tornare a lavorare...
«All'inizio mi mancava tantissimo il lavoro. Ho appena finito di recitare in una serie tv. Ho altri progetti come attrice ma sempre nel campo televisivo, perché quando hai un figlio non vuoi muoverti tanto, vuoi stare vicino a casa, anche perché voglio che Sean cresca con suo padre e sua madre vicini e sappia che siamo una famiglia unita, cosa rara in questa città».
E il cinema?
«Mi sono lanciata nella produzione. Una cosa nuova, ma che stavo meditando da qualche tempo. In tanti anni al fianco di mio marito ho avuto l'occasione di essere a contatto con i più importanti produttori e con i capi degli Studios. Ho ascoltato con attenzione, ho fatto qualche domanda, e dopo un po’ mi sono resa conto che tutto sommato produrre non è una cosa impossibile. E inoltre posso lavorare anche da casa».
Lavora con suo marito?
«No, non voglio mescolare vita privata e lavoro. Ho la mia società, la Lucky Star Entertainment e a seconda dei film ho partner diversi. Per esempio col produttore napoletano Andrea De Liberato ho comprato i diritti di distribuzione italiana di Black Dahlia, il nuovo film di Brian De Palma dal romanzo di James Ellroy, con Hillary Swank, Scarlett Johansson e Josh Hartnett».
E per quel che riguarda la produzione?
«Con Alexandra Milchan, una carissima amica da anni, come pure figlia del grande produttore Arnon sto coproducendo Capitolo XXVII, sugli ultimi tre giorni di vita di John Lennon. Il film è interpretato da Jared Leto e Lindsay Lohan ed è un thriller. Il titolo si riferisce a Il giovane Holden, perché Marc Chapman, l'assassino di Lennon, era fissato su questo libro quando lo uccise. E stiamo anche producendo A View From the Bridge, tratto dalla pièce di Arthur Miller, con Scarlett Johansson e Anthony LaPaglia per la regia di Barry Levinson. Più altri progetti di cui però è prematuro parlare».
Ma è una produttrice di fatto o una di quelli che qui chiamano «vanity producer»?
«No, non sono una che mette solo il nome e basta. Lavoro duro, mi occupo di raccogliere il capitale, della distribuzione, parlo con gli attori e via di seguito. Mi alzo presto la mattina, sto un po' con mio figlio, poi mi metto al telefono per almeno tre ore. Il resto della giornata lo passo con Sean, tranne quando ho appuntamenti di lavoro. A volte però mi sento un po’ in colpa perché una parte di me pensa che dovrei dare il 100% del mio tempo a lui».
Lei qui è considerata un’attrice italiana o americana?
«Penso di essere considerata italiana anche se non ho accento, quindi sono un po’ anomala.

In realtà ho sempre voluto essere più internazionale, anche se adoro il cinema italiano e faccio di tutto per promuoverlo. La mia speranza come attrice, produttrice e persona dalla mentalità aperta è far capire che l'Italia non è solo “tarallucci e vino”. Molti qui hanno ancora questa immagine».

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