Joannie, un bronzo per la mamma che fa piangere tutto il Canada

VancouverGli esseri umani, quasi tutti, hanno dentro di loro una forza fisica e mentale nascosta, sconosciuta, inimmaginabile. Questa forza emerge nel momento del bisogno, del pericolo, è un istinto che aiuta a sopravvivere, quando tutto sembra perduto. Questa è la forza che da domenica scorsa ha spinto Joannie Rochette, canadese di 24 anni, a reagire alla spaventosa notizia che il padre Theodor le ha dato poche ore dopo essere sbarcato a Vancouver con la moglie: «La mamma è morta». Un infarto, a 55 anni. Capita, purtroppo, a molti. A Joannie, campionessa di pattinaggio di figura, è capitato alla vigilia della gara della vita, l'Olimpiade in casa. Uno pensa: poveraccia, ma perché ha perso la mamma, ovviamente, non perché ha perso la gara.
E invece... Eccola Joannie martedì sera sul ghiaccio per il programma corto, primo atto della gara che si è conclusa giovedì con l'incantevole, incredibile, divina e non esistono abbastanza aggettivi per descrivere la coreana Yu-Na Kim oro, Mao Asada argento e lei, sì, proprio lei, Joannie Rochette, bronzo. Lei, la donna più forte e coraggiosa di quest'Olimpiade che alla fine di tutto, con la medaglia al collo, si sfoga, racconta e non la smette più di parlare, anche se le lacrime incombono, anche se il coach le dice non devi parlare se non te la senti, vieni via. No, lei non la smette più: «È importante adesso parlare, di mia madre e di quello che ho provato negli ultimi giorni e la prima cosa da dire è che se sono qui è perché mia madre avrebbe voluto così, lei mi ha portato a pattinare per farmi stare in mezzo agli altri bambini, perché sono figlia unica, e da lì non mi ha più lasciata, è sempre stata la mia prima fan, a volte esagerava anche, le altre mamme accompagnavano le figlie e poi andavano via, la mia no, lei restava sempre lì, e io avrei voluto sentirmi più libera a volte, e insomma questa è stata la prima gara in cui lei non c'era e però in realtà c'era, se ho avuto la forza di andare sul ghiaccio è perché lei me l'ha data. Quando ho iniziato il programma corto, è stato quello il momento più difficile, non pensavo al risultato e non pensavo nemmeno che sarei riuscita a pattinare.

Mi tremavano le gambe, ma poi tutto è andato liscio, ero come in trance, sono sicura fosse lei a guidare ogni mio passo. Sono orgogliosa di me, non tanto per la medaglia, ma per il modo in cui ho saputo controllare le mie emozioni». Anche la mamma sarà orgogliosa, sicuro.

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