JohnTravolta sovrappeso becca i truffatori

nostro inviato a Courmayeur
Mai andarsene prima che siano finiti i titoli di coda: c’è spesso da imparare. Come in Salvador del giovane spagnolo Manuel Huerga che racconta la lotta dello studente idealista Salvador Puig Antich contro l’opprimente dittatura di Franco. Una storia vera che si conclude con l’arresto del ribelle, spedito, dopo una vana battaglia legale, sul patibolo. Ovvero, siamo nel marzo del ’74, ultimo prigioniero politico giustiziato con la garrota. E qui è dura tenere gli occhi aperti durante l’esecuzione, mostrata in tutta la sua atroce dinamica. Ma ecco che dopo la fine, appare, tra le immagini dedicate ai grandi rivoluzionari, quella di Bin Laden. Facile l’equazione: Bush uguale a Franco.
In una Courmayeur desolatamente senza neve, il Noir in Festival numero sedici fa collezione di controversie giudiziarie, vedi il barbosetto simildocumentario The Trials of Larry Hunt, altro drammatico fatto realmente accaduto, dove nel 1984 un ventenne nero del North Carolina è ingiustamente accusato di aver stuprato e ucciso una ragazza bianca. Gli viene affibbiato l’ergastolo, che indigna sì lo spettatore ma, sarà pure bieco cinismo, non riesce a farlo fremere, nonostante i diciannove anni di detenzione, come quando la condanna è a morte. La sedia elettrica si materializza, anche qui con dovizia di particolari, nella sua macabra messinscena nell’avvincente Lonely Hearts dell’americano Todd Robinson, guarda caso un’altra storia vera. Al centro dell’azione una coppia di imbroglioni, Martha Beck (Salma Hayek) e Ray Fernandez (Jared Leto), che nel 1948 fecero razzia dei conti in banca di svariate ingenue signore ansiose di trovare l’anima gemella. Non esitando a passare dalla truffa all’omicidio nei casi più ostinati. Finché il cocciuto poliziotto in crisi familiare Elmer Robinson (il malinconico John Travolta, ormai irrimediabilmente sovrappeso) non riuscì ad incastrarli con l’aiuto del comprensivo collega Tooley (un grande James Gandolfini). Un eccellente, amarissimo poliziesco, con dialoghi scintillanti, sangue a catinelle e una scena di sesso per così dire lewinskiano di irresistibile umorismo, che si annuncia un sicuro boom nelle sale.
Non avrà purtroppo un uguale successo il miglior film della rassegna, come al solito di ottimo livello, il francese La tourneuse de pages, un film che non ha attori di grido, ma mette addosso un’angoscia indicibile. Tutto ruota attorno alla giovanissima Melanine (la maliziosa Déborah François), bocciata all’esame di pianoforte per colpa di una presidentessa di commissione quantomeno distratta.

Qualche anno dopo la ragazzina diventata donna s’insinua sorridente, ovviamente senza essere riconosciuta, nella vita della concertista che le troncò la carriera. E prepara l’implacabile, sottile vendetta, trasformandosi nella sua insostituibile girapagine degli spartiti.

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