Una delle cose più nuove ed emblematiche di questo Pontificato è molto piccola e riguarda il carattere stesso dell'uomo Jorge Mario Bergoglio, una persona molto indipendente e talvolta imprevedibile.
È diventata proverbiale la sua sobrietà, testimoniata dalla rinuncia alle auto papali per servirsi di utilitarie e alle scarpe rosse da Papa per usare invece dei modesti scarponcini neri, pure consumati in effetti. Ma ancora più singolare è il fatto che arrivando a Roma per il Conclave, il cardinale di Buenos Aires si fosse portato appunto un solo paio di scarpe e nessun segretario.
Sì, dall'Argentina dove pure era circondato da persone fedeli e preparate, il nuovo Papa non si era portato nessun collaboratore. E quando le scarpe si sono rotte ha chiesto a uno di loro, il vescovo ausiliare Eduardo Horacio Garcia, di prendere l'altro paio che aveva a casa e di portargliele. E poi lo ha rispedito indietro. Bergoglio è fatto così. "Non conviene essere in rapporti con lui se si vuol far carriera", scherzano in Vaticano perche il Papa ha un sacro terrore delle cordate e mai promuoverebbe un suo amico.
In effetti Jorge Mario è abituato a badare a se stesso da solo. All'età di 13 anni, quando inizia le superiori frequentando un istituto industriale specializzato in chimica, Jorge comincia a lavorare. Il padre vuole che il figlio conosca la fatica del lavoro. Così il futuro Papa Francesco prima fa le pulizie in una fabbrica di calzini, poi dopo due anni passa a compiti amministrativi e infine lavora in un laboratorio di analisi. "A fine mattinata - scrive il vaticanista Andrea Tornielli coautore con Bergoglio del libro intervista di straordinario successo 'Il nome di Dio è misericordià - ha meno di un'ora di tempo per il pranzo, quindi va a seguire le lezioni in classe fino alle otto di sera. "Ringrazio tanto mio padre perchè mi ha mandato a lavorare. Il lavoro è stata una delle cose che meglio mi hanno fatto nella mia vita e, in particolare, nel laboratorio ho imparato il bene e il male di ogni attività umana... Il mio capo era una donna straordinaria".
"Mia madre - ha raccontato il Papa nel libro intervista "El Jesuità" pubblicato a Buenos Aires - rimase paralitica dopo aver partorito l'ultimo figlio, il quinto. Quando tornavamo da scuola, la trovavamo seduta a pelare patate, con tutti gli altri ingredienti per il pranzo già disposti. Ci diceva come dovevamo mescolarli e cucinarli".
Diventato sacerdote e professore, Bergoglio ha continuato ad esercitarsi anche nella cucina: "Nel Collegio Massimo la domenica non c'era la cuoca, e allora preparavo io il pranzo per i miei studenti". Al giornalista che gli chiedeva se fosse bravo, ha risposto con l'abituale vena ironica: "Beh, non ho mai ammazzato nessuno col mio cibo...". La famiglia Bergoglio non era povera. "Non ci avanzava niente, non avevamo l'automobile nè andavamo a fare le vacanze estive, ma non ci mancava niente", ha raccontato alla giornalista Francesca Ambrogetti. Ma il Papa si è sempre sentito a suo agio tra gli ultimi e i piccoli, anche per aver sperimentato personalmente una grave malattia: "a 21 anni - ha raccontato - ho avuto una polmonite gravissima, non si sapeva cosa fosse, pensavano fosse un'influenza, poi tanta febbre, mi hanno portato in ospedale e subito mi hanno tolto tanto liquido dal polmone. Ma il dottore ha detto: 'Si dia un milione di penicillina e 500mila di streptomicinà. Poi se n'è andato e la suora che era infermiera, insieme all'altra, ha detto: '3 milioni e 1 milionè. Perchè aveva il fiuto della malattia".
Papa Francesco ha raccontato questo episodio nell'incontro molto informale con la comunità dell'ospedale Bambin Gesù. E ha rivelato di essere poi andato a trovare molte volte quella suora che gli salvò la vita disobbedendo al suo primario. "Era italiana - ha ricordato - sono andato a ringraziarla finchè ha vissuto". "Ricordo il momento in cui, con la febbre altissima, abbracciai mia mamma e gli chiesi: 'Dimmi che cosa mi sta succedendo!'. Lei non sapeva che cosa rispondere, perchè i medici erano sconcertati". Jorge dovette subire l'ablazione della parte superiore del polmone destro. Mesi di convalescenza con dolori tremendi. "Al giovane Bergoglio - racconta Tornielli - davano fastidio le parole di circostanza che molte delle persone che gli facevano visita in ospedale, quando per rincuorarlo gli dicevano: 'Ora passà. Fino a che non va a visitarlo suor Dolores, la monaca che lo aveva preparato per la prima comunione. "Mi disse qualcosa che mi colpì molto e che mi diede molta pace: "Stai imitando Gesu".
La vocazione, per Papa Francesco, non arriva presto. È il 21 settembre 1953, aveva 17 anni e si prepara a festeggiare la Giornata dello studente con i suoi compagni. Entra nella chiesa di San Josè de Flores. Lì incontra un sacerdote che non conosce e decide di confessarsi. Quella confessione avrebbe cambiato la sua vita. Non torna più alla stazione ferroviaria per ritrovare gli amici perchè ha deciso di farsi prete. "Mi accadde qualcosa di raro, lo stupore di un incontro. Mi resi conto che mi stavano aspettando. Questa è l'esperienza religiosa: lo stupore di incontrare qualcuno che ti stava aspettando. Da quel momento per me Dio divenne colui che ti precede. Uno lo sta cercando, Lui ti cerca per primo".
Il padre, ha ricostruito il vaticanista della Stampa, accoglie bene la decisione di Jorge. La madre molto meno. "Disse: non lo so, non ti vedo... Dovresti aspettare un pò, continua a lavorare... finisci l'università. La verità è che la mia vecchia mamma la prese male. Mio padre mi comprese di più". A 21 anni il nuovo Papa entra nel noviziato dei gesuiti. "Fui attratto dal loro essere una forza avanzata della Chiesa, perchè nella Compagnia si usava un linguaggio militare, perchè c'era un clima di obbedienza e disciplina. E perchè era orientata al compito missionario. Mi nacque il desiderio di andare missionario in Giappone. Ma a motivo del serio problema di salute che mi trascinavo dietro, non venni autorizzato". "La sua storia - rileva Tornielli - da quel momento in poi, è quella di un padre gesuita. Studi umanistici in Cile e quindi in Argentina, laurea in filosofia e teologia. Professore, rettore di collegi e facoltà, ma al contempo anche parroco nella chiesa del Patriarca San Josè, nella diocesi di San Miguel.
Vive gli anni bui della dittatura e da arcivescovo chiederà perdono per i legami della Chiesa argentina con la giunta militare. Completa in Germania la tesi di dottorato, quindi torna in Argentina, a Cordoba, a fare il direttore spirituale e il confessore. Nel 1992, Papa Wojtyla lo nomina vescovo ausiliare di Buenos Aires, cinque anni dopo diviene coadiutore e nel 1998 arcivescovo, successore di Antonio Quarracino. Nel 2001 Giovanni Paolo II lo nomina cardinale.
Dedica una linea telefonica soltanto per i suoi preti, perchè possano chiamarlo in qualunque momento per qualsiasi problema. Tiene lui stesso l'agenda degli appuntamenti e delle udienze. Vuole una Chiesa di "prossimità", vicina all'umanità e alle sue sofferenze- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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