Julia Jentsch: una resistenza senza bombe

Salvatore Trapani

da Berlino

Signora Julia Jentsch, La rosa bianca è un nuovo film sulla resistenza a Hitler, dopo quelli degli anni Cinquanta.
«È vero. Vari film degli ultimi due decenni si sono confrontati con i seguaci del nazismo; era ora che si tornasse a mostrare gli oppositori».
Lei ha interpretato anche La caduta sugli ultimi giorni di Hitler. Che cosa l’ha spinta ad accettare il ruolo di Sophie Scholl?
«La sua storia fa capire che la libertà va difesa. Ciò rende la vicenda sempre attuale. Ho viaggiato per presentare il film. La reazione degli spettatori m’impressionava dovunque: consideravano universale la figura di Sophie».
Sophie Scholl è un’eroina di sempre?
«Certo, perché insegna a resistere pacificamente. Ha sabotato una politica senza bombe, con le parole. I giovani hanno bisogno di miti semplici. Gli eroi possono essere persone normali... Gli Scholl non erano straordinari, ma hanno scelto di gridare il loro no».
Come s’è immedesimata in una ventenne di sessant’anni fa?
«La cosa principale era cogliere l’orrore di quel tempo. Chissà come doveva sentirsi Sophie durante gli interrogatori della Gestapo».


Sophie come Giovanna d’Arco?
«Sì, anche Sophie non ha abiurato, pur sapendo che fine l’aspettava».
E pregava...
«Tutti pregano in punto di morte. E poi la madre era molto religiosa. Ma in Sophie primeggiava un sentimento più laico, politico».

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