La Juve è stanca, ma non smette di fare punti

Delvecchio porta avanti i pugliesi, poi Emerson e Kovac trovano i loro primi gol. Chiude Del Piero con un rigore fasullo

nostro inviato a Torino
I mostri di Torino non ne vogliono sapere. I mostri di Torino continuano a macinare rivali e punti, con una sequenza che ha dell’incredibile. A 70 punti Lippi vinse uno scudetto, Ancelotti ne perse due di fila con 72 punti, Capello è alla stessa quota in attesa di completare il giro del campionato. Applausi a scena aperta e tutti a casa. Il Lecce resiste, in dieci contro undici, fino agli ultimi rintocchi del pomeriggio torinese, col risultato in bilico. Modesto 2 a 1 chiuso dal 3 a 1 di Del Piero dal dischetto.
Ecco, allora, il primo interrogativo lasciato in eredità dall’ennessimo successo domestico della mostruosa Juve: a Brema come a Torino, Ibrahimovic e compagnia (Nedved più di Del Piero in verità) dilapidano un’autentica fortuna. Almeno due-tre sontuose palle-gol sfruttate in modo inguardabile. Il responsabile numero uno è sempre lo svedesone che incanta con la palla al piede ma quando c’è da inquadrare il rettangolo della porta, mostra la corda e una pericolosa allergia.
Seconda ombra da cogliere nel successo largo solo per merito del tuffo finale di Nedved (l’arbitro Rodomonti si lascia ingannare e proclama un rigore che non c’è): la difesa deve recuperare le sue forze migliori prima di tornare a garantire, dinanzi a Buffon, la sicurezza dei giorni migliori. Thuram non può governare tutto, e anche se Kovac passa l’esame firmando il 2 a 1 sul Lecce, di testa in mischia, non può certo dirsi un sostituto di Cannavaro all’altezza. Certo, da Vieira la Juve si aspetta qualche segnale di grande salute ma il francese è come finito in un imbuto, strozzato da una condizione precaria e da uno stato di forma discutibile. Per fortuna della Juve, alla bisogna provvede Emerson che nella circostanza trova anche un golletto (deviazione col tacco sotto porta su tiro di Mutu) che consente dopo otto minuti di cancellare le ansie per il vantaggio, meritato, del Lecce griffato da Delvecchio (su cross di Camisa). Il brasiliano non è il tipo da presentarsi spesso in zona gol. Un anno fa l’ultimo sigillo contro il Siena, qui contro il Lecce, il primo della stagione. Emerson, col turbante da pascià, è uno spettacolo ma a sentirlo confessare nello spogliatoio, il piccolo incidente alla tempia gli procura un gran spavento. Si gonfia tutto, un bernoccolo enorme, e c’è il rischio di dover essere sostituito. Naturalmente è fatto di ferro il puma e così basta una piccola protezione per concludere la prova.
C’è una sola giustificazione, prima di chiudere la recensione, da riservare alla Juve. Il prato di Torino, appena rizollato, è impraticabile. Sbagliati i tacchetti continuano a scivolare, pugliesi e primi della classe, anche Rodomonti casca. Persino Buffon, in area, rischia una clamorosa gaffe per colpa dell’erba traditrice. Capello segnala l’anomalia e bisogna dargli credito.

Il Lecce diventa ultimo a fine pomeriggio ma parte benissimo, va in gol con Delvecchio, non si illude neanche un poco, si lascia raggiungere dalle unghiate di Emerson e dalla capocciata di Kovac, resta in partita per tutta la ripresa fino al rigore-farsa procacciato da quel cascatore di Nedved. Quei ragazzi finiranno in B ma forse stanno costruendo un bel futuro.

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