Kakà torna in cattedra Il Diavolo torna a volare

I tre gol in trasferta nascondono una prestazione scialba. Sheva a segno supera Altafini. Stam un caso

nostro inviato a Siena
Forse è merito del Siena, la piccola Juve di Toscana. Appena sente odore di bianconero, il Milan mette la testa a posto e corregge il suo sciagurato ruolino di marcia esterno. A Siena vince in trasferta un mese giusto dopo Livorno, anche allora 0 a 3. Interrotta la serie sciagurata, l’armata rossonera rivince con lo stesso punteggio senza catturare l’occhio e nemmeno stregare la platea. Anzi, sullo 0 a 1, Chiesa bacia un palo che può infliggere ai berlusconiani la giusta punizione per l’inizio di ripresa molto moscio, al piccolo trotto.
E Shevchenko, irritante per gran parte del pomeriggio, deve il suo sigillo a una papera del giovane portiere Mirante, anche lui frutto del vivaio juventino e reduce da un altro incidente dello stesso tipo, a Cagliari, mercoledì. È il momento dello scarto, della svolta. A quel punto infatti sullo 0 a 2, i giochi sono fatti e si possono accendere le luminarie in casa Milan. E prendere perciò nota dell’ascesa di Shevchenko nella classifica dei bomber rossoneri: è terzo dietro Nordahl (221 gol) e Rivera assiso a quota 164. Con 162 reti l’ucraino, irriconoscibile per certe giocate e una rovesciata molle a porta spalancata, distacca Altafini.
La vendetta trasversale nei confronti della piccola Juve prende forma a sostanza grazie alle esibizioni balistiche di Kakà, per la prima volta in carriera, a bersaglio due volte di fila fuori casa. È la settima doppietta in rossonero. Fuori casa non è lo stesso trascinatore di San Siro: ne patisce il clima, forse è orfano dell’entusiasmo della curva, non certo del prato o di qualche elemento tattico. Qui a Siena Kakà apre dopo dodici minuti e chiude nella ripresa appena Sheva gli scodella un assist come si deve nei varchi lasciati dalla difesa toscana, lanciata alla ricerca di una qualche improbabile rimonta. Chiude con precisione le due giocate ed esausto va in panchina a raccogliere l’abbraccio dell’allenatore che all’Olimpico lo guardò in cagnesco.
Nell’intermezzo dei due sigilli carioca, il Milan vive le contraddizioni del suoi giorni malinconici. Offre l’idea di comandare il gioco ma appena subisce qualche spallata del Siena, traballa pericolosamente (stoccata di Chiesta deviata dal portiere con sicurezza). Balbetta la sua difesa che perde dopo poche battute, uno dei pilastri, Stam. Apriamo qui una parentesi: l’olandese è una delusione, nel rendimento e nella resa fisica: ripetuti i suoi insulti muscolari, piccoli contrattempi che minano una corazza di cemento armato. Per fortuna, prima di uscire, offre a Kakà, di testa, la palletta con cui i milanisti si spianano la strada verso il successo esterno.
È bene, allora, non fidarsi molto degli effetti speciali del risultato, segnalare le assenza nel campo del Siena (Alberto, Vergassola e Locatelli), ripetere del palo che respinge Chiesa e il pareggio, prima di dare conto dello stato di forma davvero precario di Shevchenko. C’è qualcosa di semplice o di misterioso che non torna nel vederlo girare a vuoto, calciare in modo fiacco e sbilenco, sbagliare ogni accenno di dribbling e acquisire fiducia solo dopo lo 0 a 2, apparecchiato dall’infortunio di Mirante oltre che dall’abilità del solito Serginho.

Non si vedono, neanche quando alcuni rossoneri danno segnali di cedimento e di fatica, le alternative di cui è ricca la panchina: Jankulovski e Vogel, per fare due nomi. Forse per loro c’è spazio mercoledì sera, in coppa Italia contro il Palermo, insieme con Amoroso.

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