Nel viavai del traffico cittadino qualcuno avrà notato nella zona di via Procaccini un insolito movimento di decine di grandi camion intenti a trasportare quintali di sabbia rossa. Destinazione: l’appena inaugurata «cattedrale» della Fabbrica del Vapore, che nei prossimi giorni inaugurerà la prima delle due mostre dell’artista indiano Anish Kapoor, una delle grandi star mondiali dell’arte contemporanea. La doppia inaugurazione, alla Fabbrica del Vapore e alla Rotonda della Besana, è l’ultimo grande colpo della legislatura targata Finazzer e tra gli appassionati d’arte l’attesa è grande perchè raramente lo scultore-architetto più innovativo di questo secolo ha tradito le attese. Soprattutto quando chiamato, come in questo caso, ad eseguire opere site specific, cioè realizzate appositamente per la città committente.
Non è un caso che per la sua installazione milanese Kapoor abbia scelto un luogo, la cattedrale di via Procaccini appunto, che ben si presta a certi suoi interventi monumentali basati sulla sperimentazione dei materiali atti a provocare spiazzamenti percettivi: grandi forme convesse, superfici specchianti, sculture geometriche e biomorfe. Come la gigantesca «calza» rossa realizzata nel 2002 alla «Turbine hall» della Tate Modern di Londra; o come The Bean, il gigantesco fagiolo in acciaio inox realizzato nel 2007 a Chicago, opera «interattiva» che rifletteva in maniera paradossale lo skyline della città e i suoi abitanti.
E adesso Milano, dove la scena sarà rubata da una montagna di sabbia rossa (è il suo colore ufficiale, come per Ives Klein lo era il blu di Prussia) che coprirà un tunnel lungo 60 metri e alto otto percorribile dal pubblico con effetti certamente sorprendenti. La caratteristica delle opere di Kapoor sta infatti nel coinvolgere lo spettatore in esperienze sensoriali, effetti speciali generati naturalmente dalle forme, dalle dimensioni dell’oggetto e dalla scelta ingegneristica dei materiali: ora granito ora marmo, ora acciaio ora pvc. In queste installazioni, arte e tecnologia si fondono per dare vita a opere che paiono inglobare lo spettatore come parte integrante del progetto («ogni opera rinasce negli occhi di chi la guarda» dice), in una sequenza di significati fortemente spirituali e spesso misteriosi. Il colore rosso utilizzato per l’installazione milanese, ad esempio, fa riferimento al sangue e alle viscere e dunque alla condizione umana, ma in qualche modo anche alla storia dell’arte.
Come contraltare alla grande installazione della Fabbrica del Vapore, la Rotonda della Besana ospiterà sette grandi sculture tra cui «My red homeland» del 2003, il contenitore di cera rossa cointinuamente trasformata da un grosso braccio metallico che gira, e ancora la spiazzante «C-Curve» del 2007, superfice riflettente in cui specchiarsi al contrario, gli oggetti-non oggetti eredità di Marcel Duchamp. «Sono molto interessato al non-oggetto o il non-materiale - dice Kapoor - Ho fatto oggetti in cui le cose non sono quello che in un primo momento sembrano essere.
L’intero progetto, a cura di Gianni Mercuri e Demetrio Paparoni, rimarrà esposto fino al 9 ottobre (alla Besana) e all’8 gennaio (alla Fabbrica del Vapore).
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