Kirk, Olivia, Glenn: novant’anni senza ombre

Allo storico traguardo Douglas senior, la de Havilland e Ford, tre divi che non hanno mai confuso professione e vita privata

Kirk, Olivia, Glenn: novant’anni senza ombre

Adriano De Carlo

Divo e vivo, questo sembra essere il grido di guerra di alcune grandi star di Hollywood. Fino a prova contraria. Certo è che l’anno in corso segnerà i compleanni di tre icone cinematografiche, di tre divi di prima fascia, tre indimenticabili attori, che forse molti pensano che non siano più tra noi. Un divo cessa di esistere quando abbandona le luci della ribalta, la sua morte artistica diventa una fine virtuale e quando conviene ai media si trasforma in mito. Questo anno abbiamo tre divi, tre miti, che compiono novant’anni, sono nell’ordine: Glenn Ford, Olivia de Havilland e Kirk Douglas, classe 1916. Un traguardo già raggiunto da due illustri colleghi, classe 1914: Richard Widmark e Karl Malden.
Ford, de Havilland, Douglas, tre vite di attori esemplari. Pochi matrimoni e la netta separazione tra vita professionale e privata, tranne qualche trascurabile gossip per l’esuberante Douglas senior. Scorrere l’elenco dei loro più grandi successi è come sfogliare l’albume dei ricordi, quelli che restano, indelebili, emozionanti. Glenn Ford, con quel volto fanciullesco era il solo capace di domare una star come Rita Hayworth in Gilda. Dopo quello straordinario successo i due fecero coppia altre quattro volte, con il tentativo, non riuscito, di replicare il loro film mito sei anni dopo nel mediocre Trinidad. Fu lo stesso Ford, star consolidata, a soccorrere la vecchia amica, inserendola nel cast di La trappola mortale, solo un discreto giallo. Il seme della violenza di Richard Brooks fu uno di quei film che cambiarono le convenzioni hollywoodiane, un’esplosione di violenza giovanile espressa dal primo successo rock di Bill Haley, Rock around the Clock. La recitazione moderna e sensibile di Ford faceva il resto, tuttavia un certo manierismo era la sua cifra stilistica, ma di gran classe. In Quel treno per Yuma era un bandito sardonico che tirava il pubblico dalla sua parte. La sua carriera è culminata nel bellissimo noir di Fritz Lang Il grande caldo. Ford è stato un abile pistolero in molti western e gli viene riconosciuta la competenza nell’uso delle armi che solo Lee Marvin poteva vantare.
Olivia de Havilland, dolce eroina dei film con Errol Flynn, che l’adorava proprio per la sua apparente normalità: i due girarono assieme ben nove pellicole, successi planetari come Le avventure di Robin Hood, La carica dei 600, Capitan Blood. Tutti successi targati Warner Bros, oggi in splendidi dvd. Erano perfettamente complementari e l’attore negli anni del suo declino le scrisse una lettera struggente. La fossa dei serpenti, Lo specchio scuro, L’ereditiera, Mia cugina Rachele, trasformarono la dolce Melania di Via col vento in un mostro sacro di Hollywood, un attrice tragica che poteva competere perfino con Bette Davis, che in passato l’aveva oscurata. Vinse l’Oscar per A ciascuno il suo destino.
Oscar che invece ingiustamente non è mai toccato a Kirk Douglas, istrione dall’immenso talento, scavalcato nella cosiddetta «Notte delle stelle» da attori che non lo valevano. L’elenco sterminato dei suoi successi consente solo di citare alcuni titoli. In Il grande campione inizia la parabola dei suoi magnifici personaggi, spesso destinati a una morte tragica, come in L’asso nella manica, il suo biglietto da visita, dove è Charlie Tatum, il cinico giornalista che ama lo scoop più della sua stessa vita. Pietà per i giusti, un detective che ama disperatamente la moglie, fino alle estreme conseguenze.

In Sfida all’Ok Corral è indimenticabile, al fianco di Burt Lancaste nel ruolo del pistolero ubriacone Doc Hollyday. Quindi è uno strepitoso Van Gogh in Brama di vivere. L’uomo senza paura, Spartacus, Orizzonti di gloria testimoniano il suo immenso talento e insieme la sua grande poliedricità.

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