KLOSE

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RomaMai copertina fu tanto tempestiva: il giorno dopo la rete che ha deciso il derby capitolino, il magazine tedesco Kicker lo effigia in prima pagina con lo sfondo del Colosseo. «Se tutto andrà bene, resterò alla Lazio fino al 2014, poi farò i Mondiali in Brasile e lì chiuderò la mia carriera», annuncia. L’aria della Capitale ha rigenerato Miroslav Klose, da domenica sera «Mito» per i tifosi biancocelesti. «Santa Klose ci ha fatto un regalo enorme, era l’ora di far vedere ai cugini Klose dell’altro mondo», scherzano su internet.
Il «freddo» panzer tedesco, primo bomber teutonico a vestire la maglia della Lazio dopo venti anni (l’ultimo fu Riedle), si è sciolto sotto la Curva Nord. «Sono felicissimo», si era limitato a commentare nella pancia dell’Olimpico lasciando la scena ai compagni di più lungo corso che inseguivano questa vittoria da oltre 900 giorni.
Fa parte del suo carattere, lui preferisce parlare in campo: «Segnare è il mio lavoro e a me basta solo essere messo nella condizione di svolgerlo al meglio», ha sempre ripetuto Klose. Che ha già fatto dimenticare Zarate ai supporter della Lazio. E ha messo alle spalle l’ultimo anno da incubo con il Bayern Monaco (impiego a mezzo servizio, un solo gol realizzato). «Gli abbiamo offerto un contratto che lui ha rifiutato, quindi non sono rammaricato che lui non sia più con noi», ha tagliato corto ieri il tecnico dei bavaresi Heynckes.
In Germania però lo adorano e il suo gol nel derby ha riacceso la Klose-mania anche da quelle parti. Ha una storia importante con la maglia della Nazionale (112 presenze e 62 reti, sei meno della leggenda Gerd Muller). E nelle qualificazioni per l’Europeo 2012 con le sue 8 reti ha trascinato la Mannschaft a uno strepitoso en plein di 10 vittorie su 10 nel girone. Nel prossimo Mondiale proverà a battere il record di gol iridati di Ronaldo (è a un passo).
Nato 33 anni fa a Opole, città polacca con una numerosa comunità tedesca, è un figlio d’arte: papà Josef, originario dell’Alta Slesia, calciatore professionista pure nella Ligue 1 francese, mamma Barbara portiere della nazionale polacca di pallamano e membro del partito comunista. Ma lui a 18 anni decise di sposare i colori gialli, rossi e neri che un triennio più tardi lo portarono a vestire la maglia bianca dei panzer.
Miroslav è finito sulle pagine dei giornali solo per le sue imprese sportive e per essere rimasto in quarantena nel 2009 dopo che i suoi gemelli Luan e Noah avevano contratto l’influenza suina. A Roma, nella sua mega villa all’Olgiata - è vicino di casa del tecnico giallorosso Luis Enrique -, si è ricreato una «Little Germany». «Qui io e la mia famiglia ci siamo subito trovati a nostro agio, ci sentiamo a casa», non fa altro che ripetere da settimane in patria. È tutto casa e Formello, il quartier generale biancoceleste. Prima di arrivare al campo, accompagna i due suoi gemellini al Saint Georges (lì parlano tedesco, in famiglia polacco). Adora il caffè, ma apprezza anche il vino e la cucina italiana. E ogni tanto, lui che non ama la vita mondana, si concede qualche cenetta fuori: Scaloni lo ha di recente trascinato in un noto ristorante ai Parioli con la moglie Sylvia.
Nel giorno in cui Reja stava per mollare la barca, oppresso dalle contestazioni dei tifosi, fu proprio lui insieme agli altri senatori a convincerlo. «Miro ci ha messo tutta la sua personalità», raccontano a Formello. D’altronde il feeling tra i due è stato immediato: Klose aveva scelto la Lazio a fine maggio dopo essere stato ammaliato dal progetto tecnico di Reja. «Non deve dirmi molto, ci capiamo con uno sguardo. È simile al ct Loew», ha ricordato più volte il tedesco che ha stupito i compagni di squadra per la sua umiltà e la determinazione con cui si è tuffato nella nuova avventura: più di una volta ha aiutato i magazzinieri a raccogliere i palloni sul campo dopo un allenamento.


Per giocare il derby, complice una lieve distrazione al collaterale, aveva lasciato in anticipo la Nazionale rinunciando addirittura alla cerimonia di consegna del trofeo Uefa riservato ai «centenari» (come presenze) tedeschi. Forse già immaginava il lieto fine con il gol dedicato a Reja e a tutta la tifoseria laziale. Un gol che rischia di diventare una delle perle di una carriera. E pensare che è solo la sua rete numero 246...

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