L’AGENDA DEI PRESIDENTI

MilanoIl professore e l’antipolitica. Il professore che vuol far rima, sempre e comunque, con rigore. Palazzo Mezzanotte, interno giorno, parterre royale che allinea tutti i gran bei nomi della finanza italiana. Mario Monti parla in Piazza Affari, a Milano, cuore del cuore economico, proprio mentre le contrattazioni e gli scambi si sono appena accesi. E le sue parole passano come l’evidenziatore sulle linee programmatiche del governo che, puntualizza, non andrà oltre il suo mandato. «Dobbiamo essere iperprudenti, ma questo non vuol dire che non ci interessa la crescita, solo che non vogliamo ripetere situazioni in cui, fra qualche anno, a cominciare al più tardi dalla prossima primavera, chi governerà possa dire che deve rimediare a politiche poco lungimiranti del passato. Noi pensiamo di dover guardare al futuro ed è per questo che prendiamo decisioni non molto gradite». Quindi, riferimento scontato: «Sarebbe stato poco responsabile assumere in questo momento dell’Italia un impegno sostanzialmente aperto seppure per un bellissimo progetto come le Olimpiadi. Pensiamo di dover agire rimediando a eccessi del passato senza creare nuovi eccessi».
Fuori piove, fuori c’è anche chi strilla e contesta e così, prim’ancora che qualcuno se ne esca col trito refrain del «governo ladro», il professore gioca in contropiede: «È bello che ci siano crociate contro i privilegi della casta. Siamo ben lontani da realizzare quello che andrebbe fatto ma qualcosa è stato fatto anche se il numero delle auto blu resta sconfinato. Domani usciranno, non richieste dalla legge, le dichiarazioni patrimoniali dei membri del governo. E sento di dire che tutto il personale politico di alto livello si sottoponga a qualcosa di analogo». Come dire: chi non gradisce è tempo che cominci a gradire.
E a proposito di cinghia da tirare, Monti tiene a dire a che «il governo si fa un punto d’onore, chiedendo molti sacrifici agli italiani, nel non dire mai che questi sacrifici sono richiesti dall’Europa. Al contrario - ecco l’evidenziatore che entra in azione - noi diciamo sempre che sono nell’interesse dell’economia italiana e dei nostri figli e nipoti. E mi fa molto piacere che il Parlamento italiano stia dimostrando, in questa stagione di una difficile ricerca di identità e ruolo da parte dei partiti politici, una notevole sensibilità per le questioni dell’Unione europea tanto che per la prima volta il presidente italiano è andato all’ultimo Consiglio europeo con in mano una mozione sostanzialmente unitaria». Ma attenzione, avverte Monti «il gioco all’interno della Ue deve essere più ampio, non sentiamo la necessità di tenerci legati soltanto a Francia e Germania dobbiamo puntare anche su quei Paesi fuori dall’eurozona con voglia di riforma e di crescita». Tema oggetto di una lettera a Barroso firmata da Monti e altri 11 leader per chiedere sostegno alla crescita.
Dalle parole di Monti, che spaziano da temi e problemi del mondo del lavoro alle liberalizzazioni ai rapporti con l’Europa, al peso specifico e al valore della Borsa, che definisce «una ricchezza per il Paese», non si fatica a comprendere che il target che i tecnici si sono prefissati resta il rilancio dell’economia italiana. Niente passi indietro sulla strada delle riforme strutturali in cantiere tantomeno sullo snodo cruciale della cosiddetta fase 2: la riforma del lavoro. «Entro fine marzo - scandisce il professore - il provvedimento si farà, che ci sia o no l’accordo con i sindacati perché - nuova passata di evidenziatore - si possono fare riforme in Italia». Poi una manata per allontanare lo spauracchio della manovra bis: «Non ci sarà bisogno di una nuova manovra perché sono incorporati margini di prudenza».


E già che si trovava nell’acquario di finanza e finanzieri il premier ha regalato una risposta in punta di fioretto a chi lo accusa di certe debolezze: «Dispiace andare contro la nozione elegante e piacevole di salotto buono, ma pensiamo che in passato abbia qualche volta tutelato il bene esistente e consentito la sopravvivenza un po’ forzata dell’italianità di alcune aziende, impedendo la distruzione creatrice schumpeteriana e non sempre facendo l’interesse di lungo periodo». Il che (schumpeteriana a parte) significa, secondo il prof, che nonostante quanto sostenuto da alcuni media nella «cronaca veloce», i professori non hanno «deferenza» verso la finanza. Sarà...

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