ParigiI francesi sono andati a votare un po' più di quanto era accaduto il 14 marzo, ma queste elezioni regionali transalpine restano caratterizzate da un astensionismo molto elevato. Se l'altra domenica, in occasione del primo turno, s'erano recati alle urne poco meno della metà degli aventi diritto, stavolta si può parlare di poco più della metà. L'astensionismo è sceso dal 53 al 48 per cento, ma la sostanza è cambiata di poco. I francesi continuano a manifestare un profondo e sconcertante distacco dalla politica, che tocca il suo livello più elevato nelle zone in cui il dissesto sociale è più evidente. È il caso dei dipartimenti più «caldi» della banlieue parigina, teatro della famosa rivolta di fine 2005.
Sul piano dei risultati, la sinistra canta vittoria dopo aver strappato - secondo i primi exit poll - il 54,3% dei consensi mentre il centrodestra considera d'aver limitato i danni con un 36,1 e il mantenimento del controllo di una regione: l'Alsazia. Ne aveva due (anche la Corsica) e adesso ne avrà una sola. «Per noi è una vera sconfitta», ha dichiarato ieri sera Jean-François Copé, capogruppo dell'Union pour un mouvement populaire (Ump), il partito del presidente Nicolas Sarkozy, all'Assemblea nazionale.
Il successo dei socialisti è evidente. Al controllo dei socialisti sfugge anche una regione amministrata da un potentato locale: la Linguadoca-Rossiglione, capoluogo Montpellier, che resterà presieduta da Georges Frêche, personaggio dall'aria popolare e dalla lingua agile, espulso dal Partito socialista per aver usato espressioni al limite della xenofobia (e anche oltre quel limite). Ha condotto una campagna elettorale contro la segretaria socialista Martine Aubry e contro «il centralismo parigino». Gli elettori gli hanno dato ragione.
Nella regione che ha per capoluogo Marsiglia (Provenza, Alpi, Costa azzurra) la destra aveva tutto per vincere. Come previsto, l'ha invece spuntata la sinistra perché la legge elettorale francese per le regionali consente di restare in competizione a tutte le liste che abbiano ottenuto almeno il 10 per cento al primo turno. L'estrema destra di Jean-Marie Le Pen è dunque rimasta in lizza, col risultato di consentire alle sinistre di conquistare la guida della regione pur senza aver raggiunto il 50 per cento dei voti al secondo turno (il candidato socialista si è fermato al 44 per cento). Questo stesso fenomeno si è ripetuto in altre regioni, circostanza che spinge ormai l'Ump a considerare l'estrema destra xenofoba del Front National come una sorta di alleato oggettivo della sinistra. Il Front National ha ottenuto un risultato considerevole, arrivando al 17 per cento dei voti. L'Ump deve accontentarsi del 33 per cento. Il resto va alle liste costruite attorno ai socialisti. Nel corso di tutta la campagna elettorale, i candidati dell'Ump hanno cercato di insistere sui temi della sicurezza e della lotta all'immigrazione clandestina, con l'evidente intento di sottrarre spazio all'estrema destra. Ma il partito di Le Pen si è dimostrato in ripresa rispetto alle elezioni presidenziali del 2007 e questo fenomeno ha messo Sarkozy in serie difficoltà.
Le sinistre hanno ritrovato un punto di riferimento nel Partito socialista, rilanciato da Martine Aubry, e sono riuscite a creare in quasi tutte le regioni un'alleanza rosa-rossa-verde. La situazione è stata spesso semplice: una sola lista di sinistra nella maggioranza delle regioni (quelle che s'erano presentate al primo turno si sono fuse tra loro in vista del secondo) ha potuto affermarsi in modo relativamente facile di fronte alle liste dell'Ump e del Front National. I commenti della nottata a rue Solférino, sede della direzione nazionale socialista, erano univoci: l'unità ha pagato e adesso occorre rilanciarla per le presidenziali del 2012.
Per il capo dellEliseo e per il suo governo comincia un periodo di indispensabile ripensamento.
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