L’angelo Ambrosini nasconde le pecche di un Milan orribile

Un’altra prodezza di testa del biondo centrocampista piega un’Atalanta spuntata. Ma i rossoneri deludono

L’angelo Ambrosini nasconde le pecche di un Milan orribile

Milano - Un Milan orribile. Il più brutto della stagione, bisogna aggiungere e l’espressione di Ancelotti alla fine ne è una simbolica didascalia. Milan deludente allora, inconcludente così da rischiare di farsi raggiungere nel finale dall’Atalanta arrivata a San Siro senza artigli, cioè senza attaccanti di ruolo (Ventola e Zampagna ko e un tornante, Defendi, trasformato in attaccante). Per impacchettare l’1 a 0 di ieri che consente ai berlusconiani di riprendere l’inseguimento al quarto posto, c’è bisogno tra l’altro di un volo angelico del suo centrocampista più in forma, Massimo Ambrosini, ancora a segno e decisivo su una traiettoria da angolo (Kakà l’ispiratore) sul finire del primo tempo. Qui, all’intervallo cioè, finisce il Milan decente, fino ad allora capace di apparecchiare almeno tre occasioni da gol su cui Calderoni si esibisce con promettente talento. Ronaldo spreca qualcosa, sotto porta, impegnandosi in un recupero difensivo prodigioso per i suoi improbabili limiti fisici, Oliveira fa altrettanto con un assist di Kakà che lo spiazza davanti al portiere ospite, il giovin campione brasiliano si fa murare in fondo alla prima frazione: l’attacco milanista continua a far cilecca.

Col vento del vantaggio sulle vele, il Milan invece di andare al largo, finisce nella rete dell’Atalanta. Mai un contropiede, mai un colpo d’ala, mai una giocata venata di fantasia e di classe da parte dei rossoneri chiamati, dopo la sosta, ad affrontare altre curve insidiose della stagione: il confronto diretto all’Olimpico contro la Roma e poi il Bayern in casa. Un Milan così non va da nessuna parte in entrambe le serate. Anche dal punto di vista fisico, il Milan appare molto provato. E persino i ricambi decisi da Ancelotti (Seedorf, Favalli, Gilardino) aggiunti a piccoli accorgimenti tattici, non contribuiscono a migliorare il rendimento. Per fortuna loro l’Atalanta risulta frenata dal passo cadenzato di Doni e dall’assenza di punte autentiche. I tentativi effettuati da Colantuono (l’inserimento di Tissone per esempio) non consentono certo di scheggiare la difesa del Milan che pure non è patrocinata da un reparto molto attento e rigoroso. Dida non deve misurarsi su un tiro nello specchio, Simic può sbagliare senza pentirsene pubblicamente, Bonera rammenda la tela e gli stenti rossoneri, se confrontati con le facce di Galliani in tribuna, diventano una specie di incubo.

Che nessuno si azzardi a spiegare i tormenti milanisti con l’assenza di Pirlo (squalificato), rimpiazzato nella circostanza da Brocchi o Ambrosini, altrimenti passerebbe l’assurdo calcistico che senza Pirlo il Milan non può presentarsi in campo. C’è dell’altro che non funziona ed è la fase d’attacco per la quale bisogna aprire una discussione su Kakà.

Il suo rendimento in Champions league è un conto, in largo attivo, in campionato mai a segno nel 2007, conferma di una resa deficitaria che si aggiunge a quella, deprimente di Oliveira. È davanti che il Milan balbetta, incapace di chiudere le sfide e di guadagnarsi un pomeriggio sereno. E invece no. Anche contro l’Atalanta disarmata gli tocca soffrire fino al gong.

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