L’anno del restauro per il fregio del Sartorio

Laura Gigliotti

Dovrebbe durare un anno il restauro del fregio di Sartorio della Camera dei Deputati, presentato ieri dal presidente della Camera Fausto Bertinotti e dal Ministro per i Beni Culturali Francesco Rutelli. Durante il mese di agosto le tele verranno smontate e sostituite da copie, usando ponteggi agganciati in alto in modo che possano sollevarsi e abbassarsi senza essere troppo invasivi. A fine intervento, prima di essere riposizionate sull’emiciclo, dopo aver restaurato anche le parti lignee, una mostra farà vedere da vicino l’opera più celebre di Sartorio. Il Ministero ha messo a disposizione le professionalità per il progetto, i dicasteri dell’economia con un decreto del 2005 i 3 milioni di euro per realizzarlo. La gara d’appalto è stata vinta quindici giorni fa dall’impresa Picalarga che effettuerà i lavori in un laboratorio del Comune di Roma.
È appeso all’ingresso di piazza del Parlamento, quello in cui passano tutte le scolaresche, le delegazioni e gli ospiti in visita alla Camera, uno dei pannelli del ciclo dell’Italia che avanza dipinto da Giulio Aristide Sartorio fra il 1908 e il 1912. L’unico dei cinquanta che compongono il fregio che percorre tutto l’emiciclo di Montecitorio visibile eccezionalmente ad altezza d’uomo dopo il restauro. Staccato durante le vacanze di Natale fra il 2003 e 2004, dopo che nel ’97 durante il lavori per il velario ci si era accorti dello stato in cui versava l’opera, ha costituito una sorta di prova campione per gli altri. Che hanno bisogno urgente d’interventi a sostegno della pellicola pittorica che tende a sfaldarsi, non solamente di un’azione di ripulitura dello sporco e della patina di smog.
Sartorio (1860-1932), amico dell’autore del progetto di Montecitorio Ernesto Basile che lo considera il suo pittore di fiducia, realizza il fregio per la nuova aula del Parlamento (105 metri per quasi quattro metri), vincendo un concorso nel quale presenta bozzetti in cui coniuga l’architettura con la decorazione. Vuole che la scultura viva nella pittura. A lui risale l’idea della composizione per la quale si prepara puntigliosamente studiando i marmi del Partenone al British Museum e i Trionfi di Andrea Mantegna a Hampton Court.
L’opera illustra le vicende epiche del popolo italiano e il Risorgimento, per riappropriarsi dei valori costitutivi della tradizione. Non un’espressione decorativa, dice Renato Miracco che di recente ha curato una grande antologica al Chiostro del Bramante su Sartorio, ma un’opera che si riallaccia alla storia passata per dare alla giovane Italia il senso del futuro.
Artista in bilico fra due secoli, poco importante per il Novecento perché non d’avanguardia, non futurista, troppo moderno per l’Ottocento, Sartorio richiama in vita una tecnica antica come l’encausto, ma utilizza anche un mezzo modernissimo, la fotografia, proiettando il bozzetto sulla parete.
Lo stato di precarietà del fregio è legato all’incompatibilità fra la tecnica impiegata dall’artista e la tela industriale usata come supporto, precisa il Direttore Regionale del Lazio ingegner Luciano Marchetti. Il pittore, infatti, usa una tempera cerosa che gli permette di dipingere con rapidità e immediatezza e di modulare a piacimento lo spessore delle pennellate che vanno da velature sottili a masse di alcuni centimetri di spessore.

Ma è proprio questo che ha determinato screpolature e distacchi del sottile strato preparatorio di gesso e calce che assicurava l’adesione dei colori alla tela, tanto che l’ottanta per cento della superficie dipinta è a rischio caduta. A questo si aggiungano i noti problemi legati agli sbalzi di temperatura e alla presenza in prossimità del fregio dei bocchettoni dell’aria condizionata.

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