L’Antimafia? Sì, aboliamola

Non capita spesso di condividere un’opinione peraltro forte dalla prima all’ultima riga, difficile dunque è riassumerla decentemente. Emanuele Macaluso, sulla Stampa di giovedì, ha scritto che la Commissione parlamentare antimafia per come è ridotta potremmo anche abolirla. Macaluso, che ci capisce, ha ricostruito i preziosi apporti delle commissioni varate dal 1963 al 1992 (anno ultimo della degenerativa Commissione Violante) per poi concludere che da allora a oggi queste commissioni non sono servite più a niente se non a fungere da trascurabili camere di risonanza di modeste polemiche politiche. Frattanto gli elementi di conoscenza del fenomeno mafioso sono stati dati esclusivamente dalle inchieste giudiziarie (giuste o aberranti che fossero) mentre il loro monitoraggio generale è spettato alle Procure nazionali antimafia nel contempo costituite.

Alle commissioni parlamentari, nel mezzo, altro non è restato se non un ruolo di impotente e blaterante rappresentatività proprio di quel potere politico in cui la mafia intanto non ha mai smesso di infiltrarsi (dalla Sicilia alla Calabria) e che da lustri non è in grado appunto di produrre nulla se non rituali e incolori relazioni di maggioranza o minoranza: e la cui presidenza di Commissione, di prossima nomina, altro non sarà se non la poltrona numero cento e rotti tra altre undici e vacue bicamerali.

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