L’Asl a caccia di «latte cinese» passa i negozi etnici ai raggi x

Arrivano in coppia, si infilano il camice bianco e cominciano la loro ispezione. L’appuntamento è alle 14,30 in via Petrella, a due passi da corso Buenos Aires. «Buongiorno siamo dell’Asl», si presentano al signor Alam, titolare del market Sonar Bangla. Un veterinario e un tecnico prevenzione, è da lunedì che ogni giorno quattro squadre partono da Corso Italia per setacciare i negozi etnici della città. L’obiettivo: controllare che tra scaffali e scatoloni non si nascondano prodotti importati dalla Cina contenenti latte o derivati del latte, vietati in Italia dal 2002.
Sotto la lente di ingrandimento dell’Asl, finora sono stati posti trenta locali in tutto, per un centinaio di confezioni sequestrate. Gli ultimi ieri mattina in un negozio cinese di via Chavez: «sono dei dolcetti cinesi - spiega Giovanni Pirola, direttore del Servizio igiene alimenti di origine animali - distinguibili perché nell’involucro è disegnato un micro panino del diametro di una moneta da 20 centesimi». Contengono prodotti derivati dal latte al loro interno e quindi, sono stati importati in Italia illegalmente. Presto partiranno per l’istituto zooprofilattico di Teramo e raggiungeranno le scatole di lattine e bottigliette sequestrate lunedì in via Bruno e via Sarpi, già spedite l’altra sera.
Milk drink. Il nome campeggia su uno dei prodotti ritirati dall’Asl perché «è chiaro che c’è del latte ma tutto il resto dei caratteri sono cinesi quindi è quasi certo che sia stato importato illegalmente dalla Cina». C’è melamina all’interno? «Questo potremo saperlo solo dopo che saranno state fatte tutte le verifiche in laboratorio». Dieci giorni al massimo, dicono dall’Asl, per escludere che anche a Milano possa scattare un allarme per la salute pubblica. Per accertare quindi, che si tratti solo di prodotti importati illegalmente, ma non nocivi per la popolazione, per lo più cinese, che nell’ultimo periodo ha utilizzato questi prodotti. I numeri che fanno paura: 50mila i bambini intossicati in Asia, quattro i piccoli morti dopo aver assunto latte contaminato alla melamina.
«L’unico prodotto cinese che vendiamo è la salsa di soia - assicura Alam - la mia clientela proviene quasi tutta dal Bangladesh». Farina di ceci, miglio, cereali e gelatine. I soli prodotti contenenti latte e derivati trovati nel negozio di via Petrella sono confezionati da una ditta olandese e dalla Nestlè. «Questa crema di cereali e mais ha latte in polvere - spiega il veterinario osservando l’etichetta - ma è confezionato in Africa e quindi non c’è alcun problema». Uno scaffale più in là c’è il reparto frutta: karela («una specie di cetriolo amaro»), banane nane e altre specie esotiche. Poi l’ispezione continua nel retrobottega - «troppo disordinato», fanno notare i tecnici Asl - e si conclude nel magazzino nel seminterrato. Sacchi di riso, uno sopra l’altro, fino al soffitto.

E ancora tanti scatoloni: prodotti arrivati dal Bangladesh stipati fino alla porta della cella frigorifera «che contiene carni di pollo e pesce». Poi è la volta delle bolle di consegna: «Tutto in regola», assicurano i tecnici Asl. Prima di riprendere le valigette con «gli strumenti del mestiere» e partire per il prossimo controllo.

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