L’ecocatastrofismo ci costa un miliardo e mezzo all’anno

No, fare il mea culpa dicendo «Ci siamo sbagliati...» non basta. Non può bastare, perché il catastrofismo ambientalista ha avuto in passato, ha oggi e avrà in futuro enormi ricadute sull’economia mondiale. Che non è un concetto astratto, ma vuol dire che le pennellate degli eco-untori hanno infettato in passato, infettano oggi e infetteranno in futuro il portafoglio dei cittadini: miliardi di euro, a spese del contribuente. È quindi una magra consolazione vedere oggi come, sul tema del global worming, sia in corso da parte degli ex allarmisti di ieri (in primis scienziati e mezzi di informazione) un - diciamo così - ampio ripensamento.
Oggi sembra infatti esserci la corsa a scoprire che il riscaldamento del pianeta è meno «distruttivo» di quanto gli esperti di sventura hanno ripetuto per anni. Anni durante i quali per «salvare» la Terra «sull’orlo della fine» è stata investita una somma stratosferica.
Per avere un parametro di riferimento, limitiamo il discorso all’Italia. I calcoli, elaborati nel 2007 dall’International Council for Capital Formation di Bruxelles, sono stati analizzati dall’Associazione Galileo 2001 cui non fa difetto competenza e autorevolezza. Così è stato verificato come, per uniformarsi agli obblighi del Protocollo di Kyoto, l’Italia abbia sborsato 5.3 miliardi di euro nel periodo compreso tra il 2007 e il 2010; 15 miliardi sono previsti invece per il decennio 2010-2020 e 21.3 miliardi dal 2020 al 2025: un prezzo elevatissimo, in parte a carico dei consumatori con l’aumento della bolletta energetica.
Ma i danni non si fermano qui. Il conseguente calo dei consumi e degli investimenti, secondo l’Istituto Bruno Leoni, avrà infatti ricadute negative sia sull’occupazione (con la perdita di 220mila posti di lavoro) sia sul Pil (meno 2.1%, pari a 27 miliardi di euro l’anno nel quinquennio 2008-2012).
Il punto è che è tecnicamente impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dal Protocollo facendo affidamento sulle cosiddette energie alternative, come pretende l’Unione Europea. L’unica strada possibile per realizzare gli obiettivi di Kyoto, per quanto inutili, è quella dell’energia nucleare. Ma in Italia siamo in presenza di un fenomeno di schizofrenia che vede i grandi gruppi petroliferi e i fondamentalisti ecologisti paradossalmente insieme in un’alleanza antinucleare che spinge per le energie alternative.
Su questa realtà si innescano anche sospetti ben più gravi. Ad avanzarli è l’agenzia Svipop che ha messo in rete un dossier dal titolo: «I retroscena del caso Himalaya, rivelano una megatruffa internazionale». La denuncia di Svipop parte dalle «scuse» (riprese sulle principali testate internazionali) dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) per aver inserito nell'ultimo rapporto la previsione erronea di uno scioglimento dei ghiacciai dell'Himalaya entro il 2035. Un semplice errore ma in un sistema che funziona perfettamente, è stata la linea difensiva dell’Ipcc. «Si tratta invece - accusa Svipop - di una vera e propria truffa internazionale ai danni della collettività, ma anche della comunità scientifica. Il tutto a danno della collettività, costretta a pagare profumatamente – in finanziamenti, tasse e politiche autolesioniste - la mancanza di scrupoli di certi personaggi; ma anche a danno di studiosi e ricercatori che non si prestano alle strumentalizzazioni». E che dire dello scandalo del Climagate, che ha sbugiardato i dati scientifici raccolti dal Climate Research Unit negli ultimi trent’anni?
«In realtà, il rapporto di derivazione tra l’aumento dell’anidride carbonica in circolazione e l’effetto serra è tutt’altro che dimostrato scientificamente», spiega Renato Ricci, presidente onorario della Società Italiana di Fisica e presidente dell’Associazione Galileo 2001. Il surriscaldamento della terra, infatti, è cominciato circa centocinquanta anni fa, quando l’industrializzazione era ai suoi primordi ed era circoscritta solo ad alcune aree del pianeta, mentre, tra il 1940 e il 1975, all’espansione della rivoluzione industriale è corrisposto un arresto e non una crescita della temperatura, tanto è vero che lo spauracchio che si agitava alla metà degli anni ’70 era quello della glaciazione.
«Senza contare che, in passato, vi sono stati surriscaldamenti ben maggiori di quello attuale: basti pensare al Medioevo.

Il surriscaldamento, pertanto, è avvenuto con tempi e modi che smentiscono categoricamente la teoria alla base del Protocollo di Kyoto», aggiunge Franco Battaglia, professore universitario di chimica ambientale e membro del consiglio di presidenza dell’Associazione Galileo 2001.
Nonostante ciò, la macchina mangiasoldi alimentata dall’allarmismo verde continua a fare il pieno di miliardi. Un business che arricchisce tanti: troppi per sperare che gli eco-untori ripongano il pennello.

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