L'epilessia colpisce 500mila persone in Italia e fa registrare 30mila nuovi casi ogni anno. Se è vero che i picchi si registrano tra i bambini e gli adolescenti, la malattia non incide troppo sulle loro capacità di apprendimento, almeno quando si presenta in forme non gravi. Di più: la quasi totalità degli insegnanti la conosce (il 99,7%), il 44% ha o ha avuto in classe alunni affetti da questa patologia. Tanta familiarità, però, da sola non aiuta i ragazzi. Anzi, è l'esatto opposto: il 64% dei docenti dichiara di ritenersi poco o nulla in grado di intervenire in modo corretto di fronte ad una crisi epilettica; il 58% degli intervistati si comporterebbe in uno dei modi assolutamente sconsigliati in tali circostanze, inserendo un oggetto estraneo in bocca o tenendo fermo il bambino.
Dati allarmanti, carichi di pregiudizi e con possibili conseguenze anche gravi, contenuti in un'indagine realizzata da Doxa su 600 insegnanti di scuole primarie e secondarie. A promuovere lo studio è stata la Lice, la Lega italiana contro l'epilessia, come racconta il presidente Ettore Beghi: «Abbiamo voluto definire un quadro più preciso della situazione e poi richiamare l'attenzione di tutti gli operatori». Per lanciare un messaggio univoco, sintetizzato dal segretario Giuseppe Capovilla: «Il bambino affetto da questo male non è un diverso e non deve essere considerato tale».
Al solito, il problema sta tutto nella disinformazione. Continuando ad esaminare le conclusioni della ricerca si apprende infatti che il 70% dei docenti, in caso di attacco epilettico in classe, chiamerebbe un'ambulanza, intento da riservare solo in casi molto particolari; più del 40% ritiene che un bambino con questo problema abbia bisogno di un sostegno a parte, mentre il 25% sostiene che la patologia possa causare disturbi mentali o del comportamento; il 33%, infine, la giudica un ostacolo all'attività sportiva.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.