L’errore di Pierferdi

Perché le posizioni prese da Pierferdinando Casini sulla questione del finanziamento delle missioni all'estero sono state gravemente sbagliate? Perché non hanno permesso all'area responsabile del centrosinistra di venire allo scoperto. La politica estera italiana è allo sbando: Fassino vuole trattare con i talebani, Prodi dice a Putin d'essere d'accordo con lui su Iran e Afghanistan, Bobo Craxi e Intini rassicurano Hamas, D'Alema ammicca a Chavez all'Onu, Prodi fa asse con Zapatero nella Nato, Parisi è scavalcato sul rapimento Mastrogiacomo.
Prodi invece di occuparsi di affari esteri si interessa solo di affarismo estero per controllare grandi gruppi economici italiani come Telecom Italia o Autostrade. Infine D'Alema, invece di gestire in silenzio i nodi imbarazzanti del sequestro Mastrogiacomo, si vanta della comprensione americana. E aggiunge subito dopo che Al Qaida è un'invenzione degli Stati Uniti, dimenticandosi di essere ministro degli Esteri e non solo un comiziante da quattro soldi. Questa politica estera, cucita sull'esigenza di legare alla coalizione gli estremisti di Rifondazione, dà sempre più il mal di pancia a un'area ampia del centrosinistra. Quest'area andava incalzata e per farlo bisognava chiedere in cambio del naturale voto al rifinanziamento delle nostre truppe all'estero, scelte nette e vincolanti. Quando Casini, prima di trattare, rassicura il governo sul suo voto, impedisce l'operazione chiarimento.
Vi possono essere state sbavature di altro tipo nel centrodestra. Ma la colpa centrale del riallineamento dell'area responsabile del centrosinistra è di Casini. E nasce da un disegno politico non solo suo, ma anche di settori dell'establishment: presentare Berlusconi, Fini, la Lega come un'opposizione di serie B, che può essere rappresentata solo da una forza responsabile come l'Udc. Una sorta di nuova conventio ad escludendum che dovrebbe finire in gloria con un proporzionale senza indirizzo maggioritario tale da ridare centralità ai ricatti dei partitini.
La politica di Casini implica anche rotture non evitabili perché non esiste più un'alleanza. E si tratta di ragionare anche di identità: in questo senso l'esigenza di un grande democratico partito dei moderati diventa impellente. Ma in politica non possono mai mancare le risposte politiche. Dai Dico alle pensioni, alla riforma elettorale, alla gestione del «tesoretto», all'evolversi della situazione in Afghanistan, l'agenda politica presenterà presto nuove fatali scadenze per un governo ormai morto.

Il centrodestra «reale» deve avere sue proposte: sui Dico deve trovare un compromesso tra i cattolici e i «suoi» laici; su pensioni e tesoretto deve fare capire agli imprenditori che appoggiano Casini che queste loro manovre, contro l'interesse delle proprie basi sociali, costano consenso. In politica estera bisogna interloquire con i «responsabili» del centrosinistra. Così si svuota la strategia casiniana.

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